Fratelli coltelli?


raed

Dopo un lungo periodo di tentennamento il governo Nethanyau ha deciso per il si dichiarando il movimento islamico israeliano fuorilegge. Le accuse principali sono quelle di connivenza e collaborazione con il movimento Hamas e quello dei fratelli musulmani (per inciso anche lui dichiarato fuori legge dal presidente egiziano Mursi). Leader indiscusso del movimento è Raed Salah, figura più che controversa all’interno del variegato e complesso panorama politico israeliano.

Per essere più precisi ad essere fuorilegge è quella che in Israele è denominata la fazione settentrionale del movimento, che a differenza della sorella meridionale è considerata molto più estremista. Gli scopi dichiarati del movimento islamico sono a prima vista più che legittimi: insegnamento della religione islamica e rafforzamento delle istituzioni religiosi, manutenzione e ristrutturazione dei luoghi di culto, sviluppo della cultura islamica e incoraggiamento ai precetti religiosi quali la carità e il “hajj”, il pellegrinaggio verso la mecca, il quinto e più importante pilastro della religione di Maometto. Oltre a queste legittime attività le dichiarazioni politiche dei diversi capi del movimento non lasciano adito a dubbi, Israele non è riconosciuto come legittimo stato e va sostituito da un califfato islamico. I modi ed i termini di questa “augurabile” trasformazione variano fra “nordisti” e “sudisti” laddove questi ultimi partecipano al gioco democratico cercando di cambiare la situazione dall’interno del sistema democratico.

Non c’è dubbio che oltre ad essere un movimento politico il movimento islamico è anche una realtà sociale presente sul territorio in maniera capillare e gode di una grande popolarità, e questo è forse il maggior problema di una decisione del genere. Sia Nathanyau che il ministro della difesa Moshe “Bughy” Ayalon hanno dato l’impressione di aver intrapreso una scelta populista rivolta all’opinione pubblica interna. Infatti lo Shabaq, i servizi di sicurezza interna, si sono opposti ad una decisione del genere affermando che è preferibile controllare un’organizzazione sia pur problematica come il movimento islamico operante alla luce del sole piuttosto che un gruppo clandestino che per forza di cosa si rivelerà molto più difficile da monitorare. La sensazione fra gli arabi israeliani è che il movimento di Salah sia perseguitato ingiustamente e quindi esiste un serio pericolo che l’averlo posto fuorilegge non faccia che aumentarne la popolarità che già oggi si aggira attorno al 50%.

Il cavallo di battaglia del movimento islamico israeliano consiste in uno slogan coniato nel lontano 1996 “la moschea di El Aqsa è in pericolo”, un atto di accusa verso i continui scavi archeologici in corso nella città vecchia di Gerusalemme e nelle sue dirette vicinanze. Ed è proprio nel 1996 che scoppiarono i primi e violenti scontri armati fra Israele e l’Autonomia Palestinese appena formatasi dopo la firma degli accordi di Oslo. Gli scontri furono il risultato diretto dell’apertura della galleria sotterranea che collega la spianata del Muro del pianto al quartiere arabo della città vecchia voluta da Nethanyau. Ma sono proprio i palestinesi quelli che fino ad oggi hanno messo in serio pericolo la moschea avendo costruito nei suoi sotterranei un’altra molto più grande in quelle che vengono denominate le stalle di Re Salomone e sono in definitiva le arcate costruite da Erode per poter ampliare la spianata del Tempio. Ancora più importante è il timore delle rinnovate visite da parte di una notevole parte dell’ebraismo nazional religioso che forte di nuove dispense rabbiniche ha di fatto ricevuto il nulla osta e l’incoraggiamento di poter camminare sulla spianata del Tempio senza incorrere nel pericolo di calpestare la zona sacra del santuario. In ogni caso la parola d’ordine del movimento islamico ha avuto una grande presa fra gli arabi israeliani. Una volta all’anno, nella città di Um el Fahem, viene indetta una grande manifestazione (maharajan) a favore della moschea alla quale partecipano diverse decine di migliaia di fedeli.

Una volta di più Israele si trova di fronte ad un dilemma democratico di difficile soluzione, sarà molto difficile provare senza ombra di dubbio che il movimento islamico non è soltanto un’organizzazione pacifica i cui scopi dichiarati sono quelli del riavvicinamento alla religione e la raccolta di fondi per sviluppare attività educative e sociali in un settore della popolazione dove la presenza governativa è molte volte carente. I probabili rapporti fra il movimento islamico e hamas sono da ricercare nei canali finanziari attraverso i quali parte dei fondi raccolti arrivano nella striscia di Gaza o viceversa attraverso materiale propagandistico introdotto in Israele da elementi ostili. Ed è proprio sul piano finanziario che si giocherà la partita decisiva, il movimento islamico è finanziato da numerose organizzazioni non profit che una volta chiuse potrebbero riaprirsi con una nuova denominazione ed un nuovo statuto. E’ un fenomeno che è già successo e contro il quale non è chiaro quali possano essere le nuove soluzioni con cui combatterle. In ogni caso l’ultima parola spetta all’Alta corte di giustizia israeliana che più di una volta ha annullato decisioni del genere giudicandole anticostituzionali.

2 pensieri su “Fratelli coltelli?

  1. se i simpatizzanti del Movimento Islamico Israeliani sono il 50% degli arabi-israeliani metterlo fuori legge come si concretizzerebbe? A me sembra un primo passo concreto nella direzione di uno Stato Ebraico e dell’espulsione di tutti gli arabi-israeliani di cui parla Nethanyau da qualche tempo

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    • Come ho scritto il Movimento Islamico rappresenta una grande sfida alla democrazia israeliana. Personalmente penso che la simpatia derivi dal fatto che gli arabi si sentano discriminati e non da una reale ondata religiosa. D’altra parte è notizia di stasera che i servizi segreti hanno scoperto una cellula di Daesh a Nazareth. E’ chiaro che fatti del genere non aiutano certo ad avvicinare gli animi

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