Gli anni ’80-90: la crisi economica

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Nella meta’ degli anni ’80 l’inflazione in Israele e’ superiore al 400% e le banche sono sull’orlo della bancarotta. Per cercare di salvaguardare il valore reale dei propri risparmi tutta la nazione gioca in Borsa il piu’ delle volte in maniera piu’ che azzardata. Nel 1983 in seguito ad un crollo di buona parte delle azioni quotate la Borsa verra’ chiusa per un determinato periodo causando enormi perdite. Il governo israeliano in accordo con l’histadrut, il sindacato unico, attua un piano di risanamento dell’economia basato su una riduzione dei salari del 30% e di grossi tagli nella spesa pubblica. Le banche vengono nazionalizzate. Di fatto il governo sceglie di salvare il settore finanziario a scapito di quello produttivo.  Fra l’altro i prestiti concessi dalle banche ad un tasso elevato ma comunque minore dell’inflazione galoppante nel periodo precedente il risanamento, diventano improvvisamente esorbitanti contribuendo cosi a raddoppiare i debiti verso le banche, ovvero lo stato.  Il movimento kibbuzistico entra in una profonda crisi economica che influisce su tutto il tessuto sociale, portando all’abbandono di una grossa parte dei suoi membri.  Per cercare di risanare le proprie economie molti kibbuzim scelgono la strada della privatizzazione: molti dei servizi garantiti dalla comunita’ ai propri membri diventano servizi a pagamento: i pasti, l’educazione, la salute, la lavanderia e molto altro ancora. Improvvisamente ci si accorge che non esiste un programma di previdenza sociale e quindi non esiste neanche la pensione. E’ forse il momento piu’ difficile nella storia del movimento kibbuzistico…

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