
Una bella storia d’amore in questi tempi confusi e cupi non fa mai male, e durante i tremila e passa anni di storia del popolo ebraico non mancano certo gli spunti. Ma visto che il mio blog si chiama “l’altra Israele”, è doveroso per me proporre storie poco note se non adirittura sconosciute. Vediamo quindi quanti di voi abbiano mai sentito parlare di questa grande storia passionale fra il futuro imperatore romano Tito e la nipote di Erode il grande, la bella e ambiziosa Berenice di cilicia.
La vita sentimentale di Berenice fu molto movimentata. Sposata la prima volta a soli tredici anni, divenne vedova dopo pochissimo tempo e fece in tempo a sposarsi altre due volte. Il secondo matrimonio con lo zio paterno e la terza volta con re Polemone di Cilicia.
Le male lingue sostennero che questo ultimo matrimonio fu combinato per smentire le dicerie su un rapporto incestuoso col fratello di lei, Agrippa II. Giovenale, ironizzò ferocemente su di esso, a proposito di un grosso diamante regalato alla sorella, quasi come un dono di nozze.
Ma questi gossip da rotocalco diventano insignificanti di fronte alla vicenda attraverso la quale la bella regina entrò nella storia attraverso l’ “affaire” con Tito. “Tito la incontrò durante i colloqui e le visite ad Agrippa II, che alleato di Roma, gli fu di validissimo aiuto nella guerra giudaica e nella presa di Gerusalemme e se ne innamorò perdutamente”, ci raccontano le cronache di allora.
Secondo gli storici del tempo Berenice “possedeva l’avvenenza, il fascino e la malia di una donna orientale”. Tacito la definì “bellissima” quando lei aveva già 40 anni e il futuro imperatore 27. E visto che fra i tanti pregi (o difetti?) del condottiero romano venivano ricordati una lussuria e ingordigia sessuale notevoli, bisogna dedurre che Berenice aveva fatto in tempo a imparare qualche trucchetto dai suoi precedenti matrimoni. Non a caso la tradizione ebraico-cristiana la descrive come donna dedita ai vizi più immondi, come emerge anche dall’epiteto “Berenice la meretrice”.
Sia Berenice che il fratello Agrippa II ebbero un ruolo importante durante la Grande rivolta giudaica che durò dal 66 al 70 d.c.. Mentre Agrippa cercò di riportare alla ragione i suoi sudditi spiegandogli quanto una rivolta armata contro la più grande potenza militare di allora non aveva nessuna possibilità di successo, la sorella Berenice procurò a Vespasiano parte delle alleanze necessarie per tornare a Roma ed essere nominato il nuovo imperatore.
Al termine della Grande rivolta ebraica e della successiva distruzione del Tempio, Tito ritornò trionfante a Roma accompagnato da Agrippa II e dalla sorella Berenice. Ormai diventata l’amante ufficiale del giovane condottiero, l’ambiziosa regina Asmonea cominciò a fantasticare sul suo futuro. Tito aveva promesso a Berenice di sposarla entro poco tempo, e la nipote di Erode già si vedeva seduta a fianco del futuro imperatore.
Nonostante fosse esperta nelle arti dell’amore, Berenice era troppo provinciale e inesperta per poter misurarsi con gli intrighi di palazzo, cosa a quanto pare comune con Virginia Raggi, l’attuale sindaca di Roma.
Il Senato rimase scandalizzato per la sua spregiudicata condotta di vita e ancor maggiormente per le sue origini orientali. Anche i “cives” non guardarono bene la nuova venuta, memori della negativa influenza che un’altra regina orientale, Cleopatra, ebbe su Giulio Cesare prima, e su Marco Antonio poi.
Ma mentre Cleopatra, durante il suo soggiorno, si era comportata in modo impareggiabile,“l’ebrea” cadde in molti errori: organizzò una sua corte personale, era altezzosa e superba quanto bastava per destare continue inimicizie nonostante la sua impareggiabile bellezza. In più ritornarono a circolare le voci mai sopite riguardo il suo passato incestuoso, accrescendo così la fama di donna scandalosa.
Certamente godeva di un grande ascendente su Tito: ma non potè evitare che il vecchio Vespasiano, preoccupato per la popolarità del figlio, gravemente compromessa da quella relazione e dalla promessa che pare avesse fatto di sposarla, ottenesse di farla partire da Roma.
Per alcuni anni, dunque, Berenice ritornò a vivere nella sua natia Giudea. Forse, riprese i suoi amori col fratello Agrippa. L’ultima volta che ne abbiamo menzione è nel 79, quando le giunse notizia che Vespasiano era morto e che Tito era stato riconosciuto suo successore. Non avendo mai dimenticato Tito, probabilmente non aveva mai rinunciato del tutto, in cuor suo, alla speranza di sposare l’imperatore dei Romani. Perciò decise di compiere un ultimo tentativo, e di nuovo partì per Roma. Sperava che, con Vespasiano, fosse scomparso il principale ostacolo ai suoi progetti; ma rimase fieramente delusa. Tito, divenuto imperatore, mostrò di non voler deludere le aspettative dei Romani, e seppe far passare i suoi personali sentimenti in secondo piano, rivelando una maturità che pochi erano stati finora disposti a riconoscergli. Certo, egli amava ancora Berenice; ma la ragion di Stato gl’imponeva di non irritare il suo popolo con quella relazione, e perciò la indusse a ripartire quasi subito da Roma.
Il ritorno alla sua terra, immiserita e spopolata dalla guerra giudaica, fu doloroso e umiliante. Il suo amore era stato respinto, e il suo prestigio personale era finito per sempre sotto le pungenti facezie del popolo romano. Tornò ancora una volta nel palazzo di Erode Agrippa suo fratello, e forse tra le sue braccia. Non sappiamo per quanto, poiché ignoriamo la data della sua morte. Agrippa si spense nel 100, a settantatre anni, e con lui scese nella tomba la dinastia degli Erodiadi. I Romani si annessero i dominii di lui e cancellarono così le ultime vestigia d’indipendenza del popolo giudaico. Gerusalemme era stata rasa al suolo insieme al Tempio.
La parabola di Berenice si conclude così, insieme a quella del suo popolo. Un popolo che aveva amato, nonostante i suoi sentimenti politici filo-romani e nonostante il biasimo che gran parte di esso le riservò per l’amore incestuoso con suo fratello.
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Secondo me Berenice andò a Roma per riprendersi il tesoro del tempio di Gerusalemme. Sicuramente Tito innamorato di lei non deve aver avuto problemi a regalarle degli oggetti che per lui non avevano grande valore.
Poi lei deve averli portato al fratello che forse li ha nascosti in Cilicia.
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