Il conto alla rovescia

 

In poco meno di un anno il premier israeliano Netanyahu si è incontrato per l’ottava volta col presidente russo Vladimir Putin. Al di là degli interessi più o meno comuni dal punto di vista politico, questa intensa e impressionante sequenza di incontri ravvicinati la dice lunga sul rapporto instauratosi fra i due capi di stato.

Ma anche se esistesse una reciproca simpatia, questo non significa necessariamente che ognuno non guardi prima di tutto ai propri interessi. I russi hanno ottenuto moltissimo dalla guerra civile siriana che si sta ormai concludendo con la vittoria del presidente siriano Bashar Hafez al-Assad. Oltre a rafforzare la propria presenza geo politica nella regione medio orientale  la Russiaa ha rinnovato l’affitto della base navale di Tartus, l’unico sbocco diretto della marina russa sul mediterraneo. I russi  controllano anche l’areoporto militare di Hmeimim dal quale effettuano i continui raid contro le forze siriane di opposizione, curdi compresi. Continua a leggere

La fiocina

 

La continua lotta fra Israele e le varie organizzazioni terroristiche, Hamas e Hezbollah in testa, non conosce limiti, ma oltre agli aspetti più conosciuti e pubblicizzati dai media esistono delle forme di lotta molto sofisticate che si svolgono su un terreno forse meno eclatante ma senz’altro altrettanto efficace: quello economico.

E un piccolo squarcio su questa lotta sotterranea e praticamente sconosciuta ai più ce lo offre il libro dell’avvocatessa Nizzana Darshan Leitner: “Harpoon: inside the covert war against terrorism’s money masters”. Un ampio articolo che riassume a grandi linee il libro e commentato dall’autrice stessa è apparso nell’ultimo inserto settimanale del quotidiano Yedioth haHahronot a firma del giornalista Nevo Ziv. Ma procediamo con ordine. Continua a leggere

La politica dei cieli aperti

 

Si fa sempre più complicata e pericolosa la partita che si sta giocando fra Israele da un lato e Iran, Siria e Hezbollah dall’altro. I russi, arbitri dell’incontro, o meglio dello scontro, per il momento non si pronunciano in modo decisivo su quale parte prediligono, anche se per il momento la strategia di Putin sembra propensa a garantire la stabilità della compagine di Assad.

La tensione nella zona è cresciuta in seguito ad un ennesimo tentativo della contraerea siriana di abbattere un velivolo israeliano in ricognizione sui cieli libanesi. La risposta israeliana è stata immediata e inequivoca: la distruzione della batteria dalla quale erano stati sparati i missili. Ma mentre una volta bombardare obiettivi siriani non rappresentava un vero pericolo militare e politico, la realtà da qualche tempo in poi è radicalmente cambiata, visto che in quasi tutte le divisioni siriane operano delle unità russe.

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Gerusalemme vs Teheran

 

I nuovi equilibri politici e militari che si stanno delineando ai suoi confini settentrionali stanno ponendo Israele a rivedere e aggiornare il suo approccio verso i nuovi padroni della regione. E’ sotto questa ottica che va analizzato il bombardamento aereo avvenuto giovedì scorso del centro siriano di ricerca di Mysaf, in pratica uno stabilimento di armi chimiche e di missili di precisione.

Nonostante il governo di Gerusalemme, come di consuetudine, non confermi ne smentisca la sua responsabilità, l’attacco aereo è un messaggio molto chiaro, sia per l’asse sciita composta da Iran e Hezbollah affiancati dal regime di Assad, sia per la maggiore  forza militare e politica della regione, la Russia di Vladimir Putin. Donal Trump per il momento osserva la partita da lontano, a dimostrazione di aver rinunciato quasi completamente ad avere un ruolo decisivo in quella che sta diventando orma definitivamente una zona d’influenza esclusivamente russa.

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La quiete prima della tempesta

tempesta

 

Fra pochi giorni, e più precisamente il12 luglio ricorrerà il decimo anniversario della seconda guerra del Libano. Una guerra anomala per diversi motivi ma che verrà ricordata soprattutto per la prima volta dove il fronte di guerra passò dalle città e dagli insediamenti al confine col Libano ai grandi centri abitati fino allora immuni dai tiri delle katiushe e che verranno tenuti sotto tiro per 34 giorni. Una guerra che ha modificato in modo sostanziale e definitivo i canoni classici della dottrina militare israeliana. Continua a leggere

Una cartolina dal Nord

 

hermon

Qualche considerazione a caldo dopo l’attacco al convoglio militare israeliana di ieri nel quale sono stati uccisi due soldati ed altri sette feriti.

La realtà è definitivamente cambiata, il confine settentrionale non godrà più, almeno fino al prossimo scontro su larga scala, della relativa tranquillità degli ultimi otto e passa anni. Resta da chiarire se ci troviamo di fronte ad un nuovo tipo di scontro basato su una costante guerra di logoramento seppure di bassa intensità, o se Iran ed Hezbollah hanno deciso di aumentare la tensione cercando contemporaneamente di non tirare troppo la corda. Continua a leggere

Gli esami di settembre

esami

“Settembre andiamo, è tempo di migrare”. Molti di voi sanno già che si tratta dell’inizio de “I pastori” una poesia di Gabriele d’Annunzio che mi sono dovuto sorbire ai tempi del liceo e di cui mi ricordo molti passi a memoria. Settembre si avvicina ed è  giunta l’ora di tracciare un bilancio più o meno definitivo di questo anomalo conflitto durato cinquanta lunghi ed in parte inutili giorni. L’accordo in corso infatti, ricalca esattamente la prima proposta egiziana presentata una settimana dopo l’inizio delle operazioni, allora il bilancio dei morti palestinesi era di 225. E’ passato un mese ed il numero dei caduti palestinesi è arrivato a 2100 e oltre 12.000 feriti, non deve sorprendere dunque il malcontento che serpeggia all’interno della popolazione di Gaza. Continua a leggere

A Gaza niente di nuovo

stele

 

Senza quasi accorgecene Israele sta combattendo il più lungo conflitto della sua storia del quale per il momento non se ne vede ancora la conclusione. E’ un misto fra la seconda guerra del Libano durata 34 giorni e la guerra di logoramento susseguita alla guerra dei sei giorni. Il problema è che per il momento non si vede all’orizzonte nessun cenno di miglioramento, le trattative al Cairo vanno avanti a singhiozzo e nessuna delle controparti ha intenzione di dare segni di cedimento. E’ proprio il caso di dirlo: a Gaza niente di nuovo (ne di buono). Continua a leggere

La strada per Damasco

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Soltanto un paio di anni fa Bashar Assad era dato per spacciato. Ehud Barak in persona ne aveva previsto la caduta entro poche settimane, e con lui le migliori menti dell’intelligence militare e civile. Come e’ possibile dunque che questo oftalmico dotato di scarso carisma e di nessuna esperienza politica sia ancora in grado di gestire una guerra civile che insanguina il paese da più di due anni ed è costata decine di migliaia di vittime? In che modo Assad (che in arabo significa ‘leone’) riesce a cavalcare la tigre della rivolta popolare? Continua a leggere