Escatologia ebraica

DI LUCIANO ASSIN

GUIDA TURISTICA PER ISRAELE

Il secondo millennio, il calendario Maya, Nostradamus. Non c’è niente da fare, fino ad oggi nessuno ci ha azzeccato su quanto siamo vicini alla fine del mondo. Comunque non bisogna perdersi d’animo, abbiamo ancora numerose date davanti a noi che aspettano solo di essere verificate, vediamo a proposito che cosa ne pensa l’ebraismo.

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I custodi della legge.

I custodi della legge

“E il re d’Assiria fece venir genti da Babilonia, da Cutha, da Avva, da Hamath e da Sefarvaim, e le stabilì nelle città della Samaria in luogo dei figliuoli d’Israele” (2 Re 17,18).

Alla Bibbia bastano queste stringate parole per suggellare la fine del Regno d’Israele nel 721 a.c. Al posto della popolazione ebraica esiliata forzatamente verso la Mesopotamia vennero introdotte in cambio nuovi popoli. Una politica comune fra i sovrani Assiri atta allo scopo di evitare sommosse e rivolte da parte di popolazioni che non avevano un marcato legame con il nuovo territorio. Ma realmente tutta la popolazione ebraica del Regno d’Israele partì per l’esilio? Dipende a chi lo si chiede, per la Bibbia le dieci tribù che formavano Israele andarono definitivamente disperse, mentre c’è chi si ostina a sostenere che non solo una parte consistente della popolazione ebraica di allora non ha mai lasciato il paese, ma che proprio loro sono i veri eredi del popolo d’Israele, discendenti delle tribù di Giuseppe, Efraim e Menashe. Sono loro i guardiani della legge ebraica, shomronim in ebraico, erroneamente tradotto in italiano come Samaritani. Continua a leggere

La capanna nel deserto

 

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E’ appena cominciata Succoth, la festa delle capanne, festa durante la quale la Bibbia impone al popolo ebraico di abbandonare il caldo e sicuro focolare domestico per trasferirsi in delle capanne costruite appositamente per i sette giorni da trascorrervi. Il messaggio intrinseco della festa è dunque quello di non illuderci, la realtà non è mai sicura e stabile come vorremmo credere, la provvisorietà e l’insicurezza sono la normalità e la sola certezza di questo mondo. Continua a leggere

Il tempo del perdono

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Rosh ha Shanà, il capodanno ebraico, si sta avvicinando a grandi passi e con esso tutta una serie di feste che dureranno da fine settembre a metà ottobre dove si concluderanno con Succoth, la festa delle capanne. In mezzo a tutta questa serie di celebrazioni attende improrogabile il digiuno del Kippur, il giorno dell’espiazione, l’avvenimento religioso più importante nel calendario ebraico. Il kippur, una giornata di digiuno totale lunga 25 ore, è preceduto da un mese di preghiere speciali, le selichot, durante le quali gli ebrei chiedono perdono e indulgenza per tutte le cattive azioni commesse nel corso dell’anno in via di conclusione. Continua a leggere

La strada del ritorno

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L’ebraismo e’ una strada a doppio senso. Un senso di marcia porta verso il rispetto totale di tutti i  613 precetti della religione e quindi uno stile di vita determinato, codificato e se non immutabile perlomeno molto rigido. La direzione contraria porta ad un distacco totale dalla religione, ma non necessariamente dall’identita’ ebraica. Fra questi due estremi vi sono tutta una serie di “stazioni di servizio” dove ognuno puo’ fermarsi, fare il pieno del suo personale ebraismo e riposarsi e ristorarsi prima di decidere di riprendere il viaggio, non importa in quale direzione. Continua a leggere

Dopo le feste

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In Israele attraversare indenni il mese di Tishri e’ un’impresa non indifferente. Le scuole sono state appena riaperte e gia’ bisogna fare i conti con una lunga serie di festività che di fatto diventano un terzo mese di vacanza dopo quelli di luglio e agosto

Al di la delle ulteriori spese necessarie a coprire i costi di svaghi e attività varie si pone anche un grosso problema logistico. Tutte le attività che siano in qualche modo collegate con l’estero non possono permettersi il lusso di rimandare di un ulteriore mese il lavoro accatastatosi cosi come il resto del mondo non puo’ certo aspettare i comodi di un paese cosi piccolo come Israele. Si  crea cosi un paradosso non indifferente: da un lato la possibilita’ di godersi altri giorni di festa, dall’altro la consapevolezza che questi giorni non fanno che rimandare problemi grandi e piccoli che si sono accumulati e continuano a crescere

Questa situazione di limbo che si ripete puntualmente ogni fine estate ha coniato un’espressioquesti ne ormai entrata di diritto nel pantheon dei modi di dire israeliani: “dopo le feste”. Dopo le feste significa rimandare a dopodomani tutti gli impegni, anche quelli importanti, visto che non si può certo fare a meno di festeggiare Rosh ha Shanà, digiunare di Kippur e sedere sotto le capanne durante la settimana di Succoth, per non parlare di Simhat Torà, Isruhag e Sheminit Azzeret

Ma il fatto e’ che il “dopo le feste” non è soltanto un’espressione lessicale che rimanda al costume ma si è trasformata in un modo di comportamento accettato e consolidato in tutti gli strati della società israeliana. Scuole, fabbriche, uffici statali e persino l’esercito e il governo si fermano parzialmente o totalmente di fronte ad un simile ostacolo, e non pochi cominciano il conto alla rovescia del dopo le feste ben prima dell’inizio di Tishri

Il volere o potere rimandare determinate scadenze per un tempo indeterminato aiuta non poco tutti coloro che hanno seri problemi per ciò che concerne le decisioni da affrontare, non dimentichiamoci poi che anche in primavera con la festa di Pesah si ricrea nuovamente la situazione del rimandare a “dopo le feste”. Ma come si dice in Israele “non esistono pasti gratuiti” ed anche qui esiste un prezzo da pagare a questa situazione cosi anomala. Si tratta di una sindrome, quella del “dopo le feste” per l’appunto che fra i sintomi più comuni rileva: stanchezza, inappetenza, mancanza di concentrazione, insonnia e altro, e mi fermo qui per rispetto verso i miei lettori ipocondriaci

In ogni caso non vale la pena di prendersela più di tanto: se più di otto milioni di israeliani riescono in qualche maniera a passare indenni feste e sindrome qualche speranza esiste

Personalmente penso che questa situazione di stallo giovi almeno a due parti considerevoli della società israeliana: i politici e l’uomo della strada. I primi perchè sono sempre ben contenti di  rimandare il più possibile decisioni grandi e piccole mentre il singolo aspetta che finisca la lunga estate israeliana prima di rituffarsi nel calderone di politica e attualità che lo aspetta per tutto il prossimo anno. Fino a dopo le prossime feste chiaramente

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In un paese come Israele i miracoli e i fatti eccezionali sono all’ordine del giorno tanto da non diventare quasi mai una notizia degna di essere raccontata. Eppure stavolta il personaggio in questione gode di una popolarità trasversale: accomuna religiosi e laici, ashkenaziti e sefarditi, attori, finanzieri, criminali, politici ed ogni altro tipo di celebrità. Continua a leggere

La capitale della Cabala

Nella città vecchia di Zfat c’è un vicolo stretto e in forte pendenza. Secondo una nota leggenda ebraica il Messia passerà proprio per quel vicolo prima di recarsi a Gerusalemme  per redimere il mondo intero e resuscitare i morti. Per decenni, nella metà del 19 secolo, una vecchietta ha aspettato pazientemente la venuta del Messia con un bichiere di tè in mano. Probabilmente l’anima di Zfat è tutta in questo aneddoto, una miscela di misticismo e realtà quotidiana, in fondo anche il Messia puo’ aver sete… Continua a leggere