Generale e gentiluomo


di Luciano Assin

Guida turistica per Israele

Ancora non è possibile prevedere come finirà la guerra iniziata il 7/10/23 fra Hammas e Israele ma posso già affermare che uno dei protagonisti indiscussi di questo periodo è un ufficiale fino a poco tempo fa sconosciuto ai più in Israele, per non parlare del resto del mondo. E’ un General Brigadiere di 48 anni, il suo nome è Daniel Agari attuale portavoce dell’esercito. Una carica questa, considerata marginale e poco rilevante, ma grazie all’intensità della guerra e alle emozioni che sta provocando è diventato un incarico chiave per spiegare e chiarire l’andamento del conflitto in corso.

Cominciamo col dire che Agari è un combattente di tutto rispetto con un CV militare di primo grado. Ha comandato la Shayetet 13, l’equivalente israeliano degli incursori (COMSUBIN) della Marina Militare, è stato vice comandante di uno dei reggimenti della brigata di fanteria Nahal, responsabile delle operazioni navali e consigliere dell’allora Capo di Stato Maggiore Benny Gantz.

Nonostante questo résumé guerriero Agari è laureato in Filosofia e Diplomazia. In gioventù ha fatto parte del movimento giovanile Hashomer Hatzair, punta di diamante della sinistra israeliana. Insomma, non proprio lo stereotipo di un generale tipico. E forse il lato filosofico di Agari è quello che lo sta aiutando più del resto a mantenere un contatto credibile e affidabile sia con l’esterno ma soprattutto con l’israeliano qualunque, desideroso di notizie concrete, trasmesse in modo pacato ma sicuro.

Agari è l’esatto opposto della classica stella tv che appare quotidianamente nei talk show televisivi. Calmo e pacato, forse anche troppo, nel tono ma deciso e determinato nei contenuti. Quando parla non cerca frasi ad effetto ma si limita ad elencare le notizie in maniera razionale e non si nasconde dietro una facile retorica, affrontando di petto argomenti scomodi e scottanti come i soldati o li ostaggi morti per “fuoco amico”.

Il suo romanzo col grande pubblico è cominciato poche ore dopo l’inizio delle ostilità, alle 11.45 è stata la prima voce ufficiale a raccontare agli esterrefatti israeliani l’enormità della tragedia che il paese stava vivendo. Ci vorranno dei giorni prima che i politici trovino il coraggio di affrontare le telecamere e le scomode domande dei giornalisti. In Israele l’informazione ha un ruolo predominante ed i giornalisti non hanno molti scrupoli nei confronti dei potenti. In un simile contesto anche il portavoce dell’esercito è un bersaglio legittimo, le sue dichiarazioni devono avere quindi sempre una solida base di affidabilità e credibilità.

Queste qualità Agari le dimostra ogni volta che appare sui teleschermi, la sua politica è quella di parlare solo dopo essere sicuro di aver analizzato tutti i fatti e di non aver lasciato niente al caso, anche a costo di replicare ad accuse infondate con ore di ritardo. E in un mondo dove le notizie rimbalzano sui social in pochi secondi, gonfiandosi in maniera esponenziale senza molte volte aver un vero contatto con la realtà, le ore rappresentano un’eternità.

Come ho scritto in apertura è impossibile prevedere la conclusione della guerra attualmente in corso, ma sono sicuro che il filosofo-combattente Agari verrà per sempre ricordato come colui che seppe dare per primo un barlume di speranza e iniettare a noi israeliani, discorso dopo discorso, quelle iniezioni di fiducia e speranza di cui avevamo così tanto bisogno.

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