I nuovi pionieri


pionieri

Come in tutto il mondo occidentale anche in Israele una frase molto comune e la seguente: “Che fine ha fatto la gioventù di una volta?”. Non è certo un fatto sorprendente, visto che anch’io mi sono dovuto sorbire la stessa tiritera ed ogni tanto faccio degli sforzi sovrumani per non sbottare a mia volta in frasi del genere.Chiaramente la realtà è ben diversa, e molte volte siamo noi che non vogliamo o non riusciamo a vederla. Una piccola dimostrazione è la seguente intervista pubblicata sul bollettino settimanale del kibbuz. Yoav, l’intervistato, è il portavoce di un gruppo di giovani appena congedatisi dal servizio militare. Il loro scopo è quello di lavorare nell’agricoltura, un settore sempre più in mano alla manovalanza straniera, in particolare alla manodopera proveniente dai paesi del sud est asiatico “importati” per un periodo di tre anni.

Il ritorno al lavoro agricolo  è molto simbolico visto che il movimento sionista è nato fra le altre cose sul mito del riscatto della terra e della fioritura delle zone incolte e desertiche. Il gruppo di Yoav si chiama “Palmach”, un acronimo che riporta al nome di un’unità scelta delle forze armate precedenti la creazione delle Stato d’Israele costituita proprio per conciliare il lavoro agricolo con le esigenze militari. Nel loro caso specifico Palmach sono le iniziali di “Forze scelte agricole”, anche se esistono altre versioni.

Chi siete? ” Siamo un gruppo di giovani da poco congedatisi dal servizio militare nato per lavorare nell’agricoltura. Uno dei nostri obiettivi è quello di costruire delle squadre agricole in grado di sostituire almeno in parte i 25 mila lavoratori stranieri operanti nel settore agricolo”.

Com’è iniziato il tutto? “Durante i miei studi di Scienze Ambientali sono venuto a contatto con una realtà poco conosciuta, e di quanto gli operatori del settore fossero interessati ad assumere lavoratori israeliani da un lato e di quanti giovani erano interessati ad un’occupazione del genere dall’altro, senza che ci fosse qualcuno in grado di fungere da intermediario. Ho cominciato così ad organizzare un primo gruppo che oltre al lavoro vero e proprio agisce anche sul territorio nel campo sociale ed educativo.

Qual’è la situazione attuale? “Attualmente siamo una ventina, divisi in due gruppi. Il primo gruppo è costituito da sei ragazzi appena congedati che lavorano con noi per un periodo di 8-12 mesi all’interno di una “Comuna” , un gruppo che cerca di vivere secondo principi egualitari e socialisti. Oltre al normale lavoro svolgono del volontariato coi bambini del kibbutz che gli ospita. Un secondo gruppo del genere è in formazione e lavorerà all’interno di una cantina sociale. Il terzo gruppo, formato da ragazzi che abitano ognuno per conto proprio, lavora principalmente nei kibbutzim della zona montuosa, Sasa compresa.

Come siete organizzati? “C’è una divisione dei lavori, un responsabile dei turni e dei capigruppo nominati in base all’esperienza. Ogni volta che bisogna prendere delle decisioni di un certo peso viene indetta un’assemblea, in ogni caso cerchiamo di riunirci una volta ogni due settimane. In aggiunta organizziamo una volta al mese un evento culturale. Il gruppo comunitario organizza un’attività culturale settimanalmente.

Su che valori vi basate? ” Come detto in precedenza il nostro principale obiettivo è quello di riprenderci l’agricoltura. Per noi è uno scopo fondamentale fare in modo che giovani come noi imparino a lavorare nel campo agricolo, ad aiutarsi l’uno con l’altro, a volontarizzarsi nella comunità dove vivono. Ci è importante anche avvicinare il settore laico della popolazione a quello religioso perchè lavorando insieme e conoscendosi meglio molti pregiudizi cadono facilmente. La nostra impressione e che ci sia una richiesta molto forte di iniziative del genere. Ogni volta che arriva da noi qualcuno di nuovo che non ha nessuna esperienza nel campo agricolo ci si accorge già dal primo giorno di lavoro  del cambiamento in corso, basta vedere come brillano i suoi occhi.

In conclusione, afferma Yoav, l’esperienza dei movimenti giovanili può andare avanti. Bisogna continuare a lavorare con lo spirito dei valori coi quali siamo stati educati.

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