Davide re d’Israele


 blatt

Qualche commento e qualche impressione dopo la sorprendente e inaspettata vittoria del Maccabi sul Cska di Mosca.  Per molti può apparire scontato, ma non tutti possono capire quanto il vincere una partita di pallacanestro con un punto di differenza sia dovuto a fattori marginali e talvolta insignificanti nel corso della gara. Un passaggio sbagliato, un tiro libero mancato, una sostituzione azzeccata, una difesa poco o troppo agressiva, sono tutti tasselli di un mosaico variegato che stabiliscono il risultato della gara.Il merito del risultato di ieri è da attribuire soprattutto all’allenatore del Maccabi, David Blatt,  un grande professionista, meticoloso, serio ma non arrogante, giustamente conscio dei propri mezzi ma anche dei propri limiti ed in grado di assorbire le innumerevoli critiche nei suoi confronti con quel pizzico di auto ironia cosi tipicamente ebraico.

Il grande merito di Blatt è quello di saper infondere ai suoi giocatori la mentalità del vincente e di non perdersi mai d’animo. Trovarsi con 15 punti di distacco in una partita così delicata come quella di ieri e riuscire a risalire la china per vincere negli ultimi secondi contro tutte le aspettative è il frutto di un grande lavoro psicologico che non si può improvvisare nel corso di una gara ma va costruito nell’arco di un’intera stagione. Il basket è un gioco di squadra altanelante, pieno di colpi di scena e di improvvisi cambiamenti di fronte, e come tale necessita di una grande maturità interiore.

David ha dimostrato nel corso della sua pluridecennale carriera di riuscire a scovare giocatori poco conosciuti e di trasformarli in affermati professionisti, e se nella stagione attuale la rosa dei giocatori del Maccabi pur essendo sulla carta inferiore a quella delle altre squadre partecipanti alla final four di Milano è riuscita ad arrivare in finale significa che una grossa parte del merito spetti proprio a lui. Inoltre, aggiungo io, l’atmosfera israeliana per la quale non si molla mai e si combatte fino alla fine in un modo o nell’altro influenza proprio tutti, compresi gli stranieri del Maccabi.

La partita di ieri ha fatto riaffiorare alla memoria la storica gara contro il Cska del 1977, allora il Maccabi era praticamente sconosciuto e la partita vinta a Virton, Belgio, fu il preludio della prima coppa dei campioni conquistata dagli Israeliani. Per inciso, la partita si giocò in Belgio poichè i sovietici si rifiutarono di giocare in Israele, paese con il quale non avevano relazioni diplomatiche. Allora una nazione intera trattenne il fiato davanti al teleschermo in bianco e nero nella speranza di poter vendere la pelle dell’orso russo, ieri nonostante l’attesa non indifferente l’atmosfera era decisamente diversa e molto più distaccata.

Il moadon non era più quel covo di scalmanati dove dopo ogni canestro o fallo le urla e gli insulti si susseguivano a scene di gioia sfrenate, il tutto farcito da commenti più o meno inerenti alla partita, sicuramente mai obiettivi nei confronti degli avversari. Ieri a parte pochi irriducibili seduti davanti al gigantesco 52 pollici  e qualche ragazzino di contorno il resto dei haverim erano intenti a commentare la complessa situazione che ci circonda: la condanna dell’ex premier Olmert, le manifestazioni in ricordo della Naqba, la situazione interna del kibbuz, nascite, decessi e quant’altro. La realtà insomma.

Ancora adesso non riesco a decifrare il comportamento di ieri sera: siamo noi che siamo cresciuti ed una vittoria a pallacanestro non è più un avvenimento eccezionale degno di essere scolpito negli annali della storia o sono io che mi sto trasformando in un patetico nostalgico?

 

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