L’operazione Yonathan, meglio conosciuta come operazione Entebbe è ormai entrata di diritto nel Pantheon delle azioni militari da manuale. Volare per 3.800 km e riuscire a riportare a casa 105 ostaggi e 12 membri dell’equipaggio con pochissime perdite fu un impresa quasi probabilmente irripetibile, e l’alone di leggenda che la circonda è più che meritato.
Ma esattamente cinquant’anni fa, sette anni prima di Entebbe, ci fu un’altra impresa forse addirittura più complicata, rischiosa e sicuramente molto più delicata. Nonostante tutto ciò, quasi sicuramente per il suo risultato incruento, il caso delle motocannoniere di Cherbourg è caduto clamorosamente nel dimenticatoio. Anche qui, come ad Entebbe, vengono mobilitati più di 130 combattenti, la distanza è di 5,700 km, gli ostaggi sono solo cinque, ma sono molto più ingombranti, ma soprattutto l’avversario da battere non è l’Uganda di Idi amin, ma la Francia di Charles de Gaulle.
Sono passati due anni dalla guerra dei sei giorni, e i nuovi equilibri mondiali convincono l’allora presidente francese a modificare completamente le alleanze medio orientali e riappacificarsi quanto più possibile col mondo arabo. Da questa nuova linea politica nasce, nel 1967, un embargo di armamenti militari francesi verso Israele. Le prima vittima è una fornitura di 50 aerei Mirage già regolarmente pagati dagli israeliani. In seguito alla distruzione al suolo di 14 aerei civili di diverse compagnie aeree arabe, atto di rappresaglia contro l’attacco di una formazione terroristica palestinese nei confronti di un aereo di linea israeliano all’areoporto di Atene, l’embargo francese diventa totale con il conseguente blocco della fornitura delle ultime cinque motocannoniere di un totale di 12 già regolarmente ordinate e pagate per metà secondo gli accordi siglati fra i due stati.
La marina militare israeliana, la cenerentola delle forze armate di allora, è molto arretrata dal punto di vista tecnologico e le motocannoniere sono indispensabili per modernizzarla. Diventa quindi indispensabile riuscire a trovare un escamotage che permetta agli israeliani di venire in possesso delle navi senza creare una crisi diplomatica irrimediabile.
I cantieri navali francesi, preoccupati per l’inevitabile numero di licenziamenti che il blocco della commessa comporterebbe, continuano nonostante tutto a lavorare, sperando in una possibile soluzione diplomatica. Gli israeliani, parallelamente, cominciano a studiare la maniera di fare uscire le navi senza venir meno al diritto navale internazionale.
La soluzione non è delle più semplici ma si rivelerà vincente. Viene costituita una società fittizia norvegese che si dimostra interessata all’acquisto delle navi per poter difendere alcune piattaforme petrolifere che si trovano nel mare del nord. La copertura ha una sua logica e non desta sospetti fra i francesi che autorizzano la vendita. Il contratto viene firmato e ratificato il 22 dicembre 1969. Per limitare le possibili ripercussioni diplomatiche al minimo, nè l’ambasciata israeliana in Francia nè il Mossad vengono informati di cosa sta bollendo in pentola.
Una volta dato il via libera alla liberazione degli “ostaggi”, vengono introdotti in maniera discretta più di 130 marinai israeliani che dovranno dirigere le navi dall’oceano atlantico fino a Haifa.
Alle 2.30 del 25 dicembre le cinque motocannoniere, nonostante le avverse condizioni atmosferiche, lasciano il porto di Cherbourg, destinazione Israele. La rotta prevede l’attraversamento della Manica e dello stretto di Gibilterra nonchè il mantenersi abbastanza distanti sia dalle acque territoriali francesi sia dalla costa africana. Inoltre sono previsti almeno due rifornimenti di carburante in mare aperto. Ultimo particolare: la quinta nave è sprovvista di radar e di radio di bordo. Per le comunicazioni verranno usati due radiotrasmittenti giocattolo della portata di due km. circa. Le festività natalizie aiutano il colpo di mano israeliano, e la sparizione delle navi viene ufficialmente scoperta soltanto due giorni dopo la partenza. A questo punto si tratta di una corsa contro il tempo, i francesi sorvolano la flottiglia con i propri aerei militari, i sovietici sorvegliano gli israeliani con una nave spia al largo di Lampedusa, gli egiziani tenteranno prima di affondare il naviglio silurandole con un sommergibile, mai partito per motivi tecnici, e poi di appropiarsene tramite un arrembaggio.
La copertura legale dell’acquisto è solida è impedisce al governo francese di agire militarmente. Inoltre le navi sventolano bandiera norvegese durante tutti i cinque giorni della navigazione, la cambieranno con quella israeliana una volta arrivati a Haifa. Anche cinquant’anni fa, come adesso, i politici non persero l’occasione di farsi belli agli occhi dell’opinione pubblica, e impongono alle navi di fermarsi in mare aperto per più di sette ore, per farle attraccare in perfetto orario con il telegiornale delle 19:00.
Le nuove unità marine si rivelarono decisive nel la guerra del Kippur, sconfiggendo in maniera lampante sia la marina siriana a Latakia, otto navi siriane affondate contro zero perdite israeliane, e sia quella egiziana, tre navi egiziane affondate contro due israeliane danneggiate.
Chi ne trasse un grosso vantaggio dal colpo di mano israeliano furono paradossalmente i cantieri navali di Cherbourg che ricevettero di riflesso un’enorme pubblicità commerciale.
All’epoca del raid israeliano ero più un bambino che un ragazzino, completamente a digiuno di termini marinari, ma ancora oggi nessuno può togliermi dalla testa che le navi di Cherbourg non erano delle modeste motocannoniere, ma delle vere e proprie Fregate!
WOW!!! Questa non la sapevo, grazie!!! 🙂
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Sono contento di riuscire a stupirti di tanto in tanto!
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