Il ribaltone


 

E’ il 17 maggio del 1977, in Israele si svolgono le elezioni politiche per la nona legislatura del paese. Sono passati meno di quattro anni dalla catastrofica guerra del Kippur che rimmarrà per sempre uno dei più grandi traumi di Israele. Alle 22.00 in punto, nello stesso momento in cui si chiudono le urne, il canale unico di allora della tv israeliana annuncia gli exit poll. La frase con cui il popolare annunciatore Haim Yavin apre il notiziario  è laconica e lapidaria: “signori, ribaltone” il Likud, il partito di Menahem Beghin leader delle destre, è salito per la prima volta nella storia del giovane stato ebraico al potere, niente sarà più come prima. Si chiude, nel bene e nel male, la prima grande epoca politica della storia israeliana.Sono innumerevoli i motivi che causarono un cambiamento così profondo e radicale nella storia politica israeliana: un partito usurato da decenni ininterrotti al potere, una serie di scandali per l’epoca di allora intollerabili, un cambiamento demografico a favore del settore sefardita e molto altro ancora. Ma più di ogni altra cosa la ragione più profonda alla base di questa vera e propria rivoluzione politica fu l’incolmabile divario che si stava allargando sempre di più fra il settore ashkenazita della popolazione, più colto ed elitario e quello sefardita considerato retrogado e portatore di una cultura sottosviluppata.

Fu quindi un paradosso enorme il fatto che il leader incontrastato di questo crescente malcontento popolare fu Menahem Beghin, un distillato puro di tutto quello che un ebreo proveniente dalla Bielorussia può rappresentare, lontano anni luce dalla cultura nord africana dei suoi elettori. Questa contraddizione politica e culturale continua fino a oggi, visto che in tutto questo periodo nonostante che le destre siano rimaste quasi sempre al potere, non siano mai state in grado di portare al loro vertice un deputato di origine sefardite.

La svolta del ’77 fu lo spartiacque di molti fenomeni politici che ancora oggi influenzano la vita politica israeliana di cui i più importanti sono i seguenti.

I partiti di centro alternativi. Nelle elezioni del ’77 si presentò per la prima volta una lista alternativa ai due blocchi tradizionali di destra e sinistra, il Dash (che in ebraico non è un detersivo), capeggiato da Yagal Yadin un famoso archeologo. Yadin riuscì a convogliare la maggior parte del malcontento popolare attinendo la maggior parte dei suoi votanti dal serbatoio elettorale laborista e favorendone la caduta. Senza questo fenomeno non è sicuro che il partito di Beghin sarebbe arrivato al potere visto che aumentò di quattro seggi soltanto. Questo fenomeno della creazione di creare una lista in grado di sfruttare il malcontento popolare si ripete ad ogni legislatura. I nomi e i leaders cambiano, e generalmente il successo è effimero visto che alle elezioni successive il loro peso elettorale è quasi nullo.

I partiti settoriali. Il continuo crescere demografico delle popolazioni di origini nord africane e le loro radici tradizionaliste e religiose unite ad un peso elettorale sempre maggiore, favorirono la creazione di liste ad hoc aventi lo scopo di favorire e proteggere i loro interessi. Questo fenomeno è rimasto invariato e riguarda le fasce tradizionaliste della popolazione da un lato e quelle di origine russe dall’altro.

Il voto arabo. Un altro dei tradizionali serbatoi dell’elettorato laborista cominciò a perdere voti a favore di partiti più specifici della popolazione araba israeliana.

La”liberalizzazione” economica. Beghin cambiò di 180 gradi la politica economica precedente. A risentirne furono i settori produttivi quali l’industria e l’agricoltura. Mentre i governi precedenti limitavano di molto l’acquisto e la vendita di valuta straniera, il nuovo governo aprì il mercato finanziario senza una regolamentizzazione razionale. La mancanza di un vero e proprio progetto economico portò ad una spirale inflazionistica che accompagnò lo stato ebraico per il decennio susseguente.

La pace con l’Egitto. Contrariamente a quanto tutti i commentatori politici e gli israeliani si aspettassero, Beghin seppe afferrare al volo la grande opportunità che gli si presentò dinnanzi e non senza poche difficoltà firmò un accordo di pace con l’Egitto, il maggior paese arabo in stato di ostilità con Israele. Nonostante gli accordi di pace abbiano conosciuto alti e bassi durante tutto questo lasso di tempo, non hanno mai cessato di rimanere validi e solidi almeno a livello di relazioni politiche fra i due paesi. Il solo risparmio di vite umane che un accordo del genere ha procurato a entrambe le parti non fa che rafforzarne la sua importanza storica.

Il ribaltone è entrato ormai a far parte del gergo quotidiano israeliano, anche se niente del genere si è più riproposto in tutta la sua importanza e influenza. Quarant’anni di potere quasi ininterrotto delle destre hanno dimostrato che anche il Likud non possiede una ricetta magica in grado di risolvere i problemi del paese. I problemi sono rimasti gli stessi, e anzi, si sono acuiti ancora di più, ma l’elettorato di destra continua a vivere sotto una sorta di schizofrenia politica. Ancora oggi  i media e il sistema giudiziario sono visti come i principali nemici del paese e i veri responsabili della difficile situazione politica odierna. Questa autentica paranoia è l’ultima ancora di salvezza per chi alla guida da così tanto tempo sta portando Israele verso una deriva sempre più pericolosa e insostenibile.

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