Fummo schiavi?


 

Mancano pochi giorni all’inizio di Pesah, la Pasqua ebraica. Il racconto biblico di come il popolo d’Israele fuggì dalla terra d’Egitto, le dieci piaghe, l’ira del Faraone è probabilmente uno dei più affascinanti riportati nella Bibbia. Per millenni questa storia viene puntualmente raccontata ogni anno la vigilia della settimana di Pesah lasciando i commensali nel dubbio su dove si trovi la labile linea che divide la realtà dalla leggenda. La fuga dall’Egitto è realmente accaduta? E se si quali sono le prove scientifiche? Proviamo a fare un pò d’ordine nella vicenda, chi avrà la forza e la pazienza di leggere questa semi lezione di archeologia fino in fondo troverà delle conclusioni sorprendenti.

Uno dei primi problemi nel confermare da un punto di vista scientifico e archeologico che un avvenimento del genere sia realmente esistito consiste nel fatto che un esodo del genere non è menzionato in alcun testo esterno alla Bibbia. Se teniamo conto che gli egiziani erano un popolo che ci hanno lasciato una mole gigantesca di informazioni riguardo i numerosi avvenimenti succedutisi nelle varie dinastie è inspiegabile come un avvenimento del genere possa essere passato innosservato.

Anche la datazione dell’esodo biblico risulta problematica. La prima testimonianza storica dell’esistenza di un popolo denominato Israele si trova nel testo della Stele di Merneftah dove l’omonimo faraone elenca le numerose città da lui conquistate nella terra di Canaan e scrive fra l’altro “Israele è stato annientato e non vi è rimasto alcun seme”. La stele è datata 1208 a.c., ciò significa che l’esodo doveva essere avvenuta in una data precedente alla stele. Il faraone Ramses, menzionato dalla Bibbia come colui che regnò quando i figli d’Israele si trovavano in Egitto è quasi sicuramente Ramses II, che regnò fra il 1275 e il 1213 a.c.

Secondo questi pochi dati storici dunque, l’uscita dall’Egitto dovrebbe essere avvenuta fra il 1275 e il 1208 a.c. Secondo la Bibbia le datazioni sono addirittura due: 1478 a.c. secondo il libro dei Re, o 1252 secondo il libro dell’Esodo. Moltissima confusione insomma.

Anche la Bibbia non ci aiuta. Durante tutto il racconto biblico la Bibbia si riferisce ad un generico Faraone, senza mai specificare il nome. Un fatto insolito se teniamo conto che nel libro dei Re i nomi dei faraoni Shishak e Necho vengono menzionati specificatamente. Probabilmente gli scribi che scrissero e radassero il testo biblico centinaia di anni dopo i fatti ignoravano il nome esatto e preferirono ripiegare su una denominazione più sui generis.

Un altro problema: secondo il racconto biblico la distruzione di tutto l’esercito egiziano e la morte del Faraone nelle acque del mar Rosso avrebbe dovuto causare un periodo di caos e di anarchia totale nell’impero egizio, cosa che non è affatto menzionata in nessuna fonte storica. Anzi, il regno di Ramses II fu uno dei più floridi e continuò a prosperare anche dopo la sua morte per più di cento anni.

Anche il numero dei fuggiaschi è impressionante e poco credibile. Secondo la Bibbia uscirono dall’Egitto 600.000 uomini esclusi donne e bambini, vale a dire qualcosa come sei milioni di persone. Ma i calcoli archeologici parlano di una popolazione di tre milioni di persone in tutto l’impero egizio. Nell’era successiva alla presunta entrata dei figli d’Israele nella Terra Promessa la popolazione è stimata in 150.000 anime, dove sono finiti tutti gli altri?

Nonostante i numerosi scavi effettuati nella penisola del Sinai non vi è stato nessun ritrovamento archeologico relativo all’epoca esodale, reperti di altre epoche sono emersi in quantità, ciò rende ancora più poco credibile la teoria di un esodo così massiccio.

Ma se la biblica fuga dall’Egitto non è realmente accaduta, da dove provengono i figli d’Israele, e come si è formato il racconto che viene tramandato di generazione in generazione?

Ed eccoci arrivati alla parte più sorprendente della vicenda. Se prendiamo per buono il fatto che la fuga dall’Egitto non sia realmente accaduta, non ci resta che cercare qualche cambiamento sostanziale nella popolazione cananea esistente durante l’epoca in questione. Un accurato studio archeologico è arrivato alla conclusione che nell’epoca che va dal 1200 a.c. al 1000 a.c. una notevole parte della popolazione cananea si trasferì dalla fascia costiera verso la zona montuosa della Giudea. Qualcosa come 45.000 anime abbandonò una società disgregata per costruire qualcosa di nuovo. Per diversificarsi dalla società di origine i futuri figli d’Israele cominciarono a creare usi e costumi differenti, come quello di astenersi da mangiare il maiale per esempio.

In questo caso non si tratterebbe più di un’invasione esterna che conquisto la terra di Canaan ma un’implosione interna dovuta a cambiamenti epocali. I nuovi israeliti da popolazione semi nomade divenne gradualmente stanziale e si insediò nelle alture della Giudea allora disabitate. Questa nuova situazione fu facilmente trasformata nel passaggio dalla schiavitò alla liberta, un tema epico indispensabile per costruire nuovi miti in una società ai suoi albori. Il racconto orale si sviluppò nel corso dei secoli per essere poi codificato nella storia che tutti noi conosciamo.

La lezione di storia termina qui, immagino che non tutti si troveranno d’accordo con le teorie qui esposte, ma spero  di aver insinuato in qualcuno il tarlo del dubbio, un’ottima cura contro chi è troppo sicuro e determinato delle proprie verità.

Buon Pesah e buona Pasqua

 

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