Orme sulla sabbia


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Chi non ha in testa una scena di qualche film western dove lo scout indiano è in grado di riconoscere immediatamente, degnandole appena di uno sguardo, le orme dei fuggiaschi sapendo elencare in ordine sparso quanti siano, in che direzione vadano, chi zoppichi e chi no, se le orme siano fresche o di stagione e quant’altro. Non so voi, ma quand’ero ragazzino io, ero entusiasta di questi leggendari indiani così immersi nella natura da poterne cogliere le infinite sfumature e riconoscere gli impercettibili cambiamenti. Poi, quando ho cominciato a capire che Babbo Natale, la fatina di Pinocchio e i topolini dei dentini cadenti erano tutti parte di un immenso gioco di illusioni destinati a svanire, anche il mito degli scout indiani perdette il suo smalto, anche perchè nel frattempo la strategia della tensione e gli anni di piombo erano già arrivati per spezzare i rimasugli delle mie illusioni d’infanzia. Ma una volta arrivato in Israele mi dovetti ricredere per tutto quello che riguardava gli indiani. Esistevano davvero, e facevano esattamente quello che sapevano fare nei western, solo che qui gli chiamavano beduini, e il Colorado aveva cambiato il suo nome in deserto del Neghev.

Se vogliamo essere ancora più precisi i beduini in questione qui vengono chiamati Gashashim e fanno parte da sempre dell’esercito israeliano, anche se solo nel 1970 sono stati inquadrati in un’unità organica. La parte principale di questo processo di formazione che portò alla creazione di un corpo omogeneo e specifico è da attribuire a Abbed el Majid Hidder el Mazariv, meglio conosciuto in Israele col suo nome ebraicizzato di Amos Yarkoni.

Come in molti altri casi la vita di Yarkoni confina fra mito e realtà, prima sabotatore contro gli oleodotti inglesi, poi collaboratore dell’Haganah, intimo amico di Moshe Dayan e eroico combattente nelle fila dell’esercito israeliano. Durante i suoi 21 anni di servizio fu ferito due volte e due volte decorato. Per le ferite riportate subì l’amputazione della mano destra.

L’addestramento di questa particolare unità è molto intenso nonostante gli aspiranti scout siano già forniti in parte delle doti richieste. Ci vogliono cinque mesi di preparazione per sviluppare al massimo oltre i cinque sensi tradizionali anche quel misterioso sesto senso che nel loro caso può fare la differenza non solo fra la loro vita e la loro morte, ma anche quella dei loro commilitoni.

Per i beduini l’esercito è un gradino indispensabile per migliorare la propria situazione socio economica. Non è solo una questione di paga, ma soprattutto un grande salto di qualità per tutto ciò che riguarda l’istruzione sia liceale che universitaria. Paradossalmente sono le aspiranti reclute provenienti dai villaggi più remoti o adirittura dalle tende isolate quelli più ricercati. La loro innata natura di pastori sviluppa istintivamente quelle doti così particolari e difficile da apprendere a tavolino.

Ma proprio per integrarli in un esercito così tecnologicamente avanzato come quello israeliano i beduini del deserto ricevono un istruzione adeguata per portarli almeno ad un livello di maturità liceale. Visto che ormai la maggior parte dei beduini hanno abbandonato, almeno in parte, la loro tradizionale cultura nomada, solo un terzo delle reclute si arruola come scout, chi è in possesso di una istruzione di livello superiore è indirizzato come qualsiasi altra recluta verso unità più consone al proprio livello psicometrico. Alla fine dei tradizionali tre anni di servizio militare i congedati ricevono notevoli facilità per intraprendere degli studi universitari a Beer Sheva, ma una grande parte dei gashashim preferisce continuare la ferma per garantire un futuro economico alla propria famiglia.

Negli ultimi anni si sta sviluppando una lotta silenziosa fra gli esploratori del deserto e l’unità cinofila dell’IDF, ognuno sostiene la superiorità del suo corpo e dei suoi sistemi operativi. Anche se una concorrenza del genere potrebbe trasformarsi in una sinergia positiva non sempre le cose sono così semplici. I beduini sono molto orgogliosi, ed il fatto di essere paragonati dal punto di vista professionale a dei cani è un punto molto dolente e sensibile. Ma l’esercito è molto intransigente in casi come questo, convinto com’è che una collaborazione del genere, se ben gestita, possa portare solo a risultati positivi.

Anche dal punto di vista tecnologico i beduini la pensano diversamente, GPS e altri gadget così in voga non possono sostituire chi vive la natura ed il paesaggio dove agisce da decenni. E’ anche per questo motivo che ad ogni gashash viene assegnata una porzione del confine. Anche se le forze si sostituiscono nel corso dei mesi, c’è sempre qualcuno che continua a vivere quella specifica fetta di territorio perpetrando così una memoria continua ed indispensabile.

Nonostante questo alone di romanticismo la figura del combattente beduino è problematica. Si scoprono sempre più casi in cui esiste una collaborazione fra trafficanti di droga e racket della prostituzione da una parte e alcuni gashashim dall’altra. Sapendo in anticipo dove verranno sistemati gli appostamenti notturni delle forze israeliane atti a evitare infiltrazioni del genere basta una telefonata per indirizzare i malviventi verso un sentiero indisturbato e quindi più sicuro.

Durante il mio servizio militare ho avuto la possibilità di vederli in azione e non si può che rimanere affascinati della capacità di individuare le orme e seguirle. Anche su terreni pietrosi come quelli al confine col Libano. Nel mio piccolo sono riuscito in minima parte a sviluppare le mie limitate doti necessarie ad un lavoro del genere. Ma se in mezzo alla natura ho ancora molto da imparare rimango ancora un campione quando si parla di affrontare l’impervia giungla cittadina. Solo chi ha vissuto fra il Giambellino e il Lorenteggio a Milano può capire di cosa sto parlando.

2 pensieri su “Orme sulla sabbia

  1. Mantanere attivo il sesto senso di cui siamo dotati, ma spesso non ascoltiamo, fa la differenza ovunque…sia nel deserto, che in città. Io lo posso ringraziare per avermi “avvertita” nel corso di alcuni viaggi, unito alla mia abitudine di spaziare con lo sguardo ed notare maneggi o sguardi “strani”. Interessante questo pezzo, a Gerusalemme, in occasione del giuramento dei soldati IDF al Kotel, ho notato la multiculturalità ed le etnie differenti, mi ha fatto piacere.

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