Fra pochi giorni, e più precisamente il12 luglio ricorrerà il decimo anniversario della seconda guerra del Libano. Una guerra anomala per diversi motivi ma che verrà ricordata soprattutto per la prima volta dove il fronte di guerra passò dalle città e dagli insediamenti al confine col Libano ai grandi centri abitati fino allora immuni dai tiri delle katiushe e che verranno tenuti sotto tiro per 34 giorni. Una guerra che ha modificato in modo sostanziale e definitivo i canoni classici della dottrina militare israeliana.
Abitando proprio nelle zone dove si sviluppò il conflitto posso provare a ricostruire i primi giorni, gli sviluppi successivi, e le conclusioni alle quali arrivò l’esercito dopo un conflitto in cui entrambe i leaders delle parti in causa commisero gravi errori di valutazione.
La guerra iniziò quando un commando di miliziani Hezbollah tese un agguato ad un paio di camionette dell’esercito israeliano nel tentativo di catturare dei soldati israeliani da usare come merce di scambio per liberare i suoi numerosi prigionieri detenuti nelle carceri israeliane. Ma diversamente da quanto previsto da Nasrallah la reazione israeliana fu molto superiore alle sue aspettative sfociando in un conflitto su larga scala.
Da parte israeliana la sensazione di poter risolvere gli scontri con un massiccio ed esclusivo uso dell’aviazione si rivelò errata visto che i numerosi bombardamenti colpirono si la maggior parte dei razzi a lunga e media gittata del “Partito di Dio” ma non riuscirono ad impedirne completamente l’uso tenendo così sotto scacco tutto il nord del paese e causando lo sfollamento di oltre 250mila civili.
Al di là dei risultati raggiunti da entrambe le parti alla fine della guerra quello che è fondamentale è riuscire a capire se un simile scenario si possa ripetere e in quali condizioni. Il mio parere, comune alla maggior parte dei commentatori militari e politici israeliani, che il prossimo conflitto è solo una questione di tempo, ma nessuno può dire quanto.
Hezbollah, il più fidato alleato degli iraniani, è profondamente coinvolto nella guerra civile in corso in Siria, una situazione che annulla di fatto, almeno per il momento, ogni possibile sviluppo sul confine nord israeliano. Questo particolare nasconde però una realtà nuova da non prendere assolutamente sottogamba. In tutti questi anni Hezbollah ha acquisito una enorme esperienza trasformandosi da milizia ad un piccolo esercito ben addestrato ed equipaggiato.
L’esercito israeliano non è rimasto con le mani in mano, ha analizzato gli errori compiuti nel 2006 ed ha sviluppato una nuova dottrina da attuare nel momento adatto. Ma la mia sensazione è che negli ultimi conflitti Israele è sempre rimasto un passo indietro senza riuscire a prevedere le possibili mosse di un avversario che può contare sia sul fattore sorpresa sia un appoggio incondizionato della popolazione locale.
Questi ultimi dieci anni appena trascorsi sono da considerare come un periodo di tregua, una tregua destinata a concludersi nel medio termine. E’ vero che da dieci anni a questa parte Nasrallah vive in un bunker blindato e centellina le sue pubbliche apparizioni per timore della sua vita. Ma è anche vero che l’esistenza della sua organizzazione si basa sul concetto della “resistenza” al potenziale aggressore israeliano. Senza una continua situazione di tensione sulla frontiera settentrionale viene a mancare la sua ragione di esistere.
Per riuscire vittoriosi dal prossimo round l’esercito israeliano ha non pochi traguardi da raggiungere. Rafforzare la divisione di riservisti predisposta allo scontro nel settore in questione sia dal punto di vista logistico che da quello delle esercitazioni. Ritornare allo spirito che ha sempre caratterizzato l’esercito: unità di fanteria e di mezzi corrazzati bene addestrate e coordinate. La guerra scorsa ha dimostrato che la superiorità aerea non è sufficiente e solo con una massiccia presenza di fanti si può sconfiggere il nemico e controllare il territorio conquistato. Indispensabile come sempre una rete di informazioni dettagliata sin nei minimi particolari senza la quale le truppe in movimento possono diventare facili bersagli.
Ma più di ogni altra cosa è indispensabile una classe politica seria e responsabile che sia in grado da un lato di prendere delle decisioni difficili e dolorose e dall’altro capace di assumersi tutte le responsabilità. Quest’ultima condizione è chiaramente la più importante ma anche la più difficile da raggiungere, quando i cannoni tuonano le muse tacciono, recita un detto israeliano, e molte volte anche il buon senso.
Come accennato in apertura ho vissuto la guerra del 2006 in prima persona, dopo la prima settimana dove ancora si pensava di poter terminare gli scontri in pochi giorni ci siamo resi conto che il conflitto sarebbe andato avanti per le lunghe ed abbiamo dovuto trasferire i bambini ed i ragazzi verso località più sicure. Gli anziani invece, anche loro sotto la mia responsabilità, si rifiutarono di sgomberare non impressionandosi più di tanto della situazione.
C’è una strana sensazione quando percorri la strada che costeggia il confine col Libano, la calma è solo apparente, chi ci vive sa che basta poco affinchè la quiete che ci circonda si trasformi in tempesta.
E’ desolante constatare come, perfino da queste pagine, la guerra, il conflitto armato, si consideri naturale, imminente, semplicemente inevitabile; e che sia solo una questione di come e chi e…
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Ciao Francesco, io penso che siamo nel mezzo di un periodo epocale impossibile da capire e difficile da analizzare e recepire. Forse fra un secolo si potranno capire gli sviluppi della nostra epoca. A mio parere il conflitto con Hezbollah è inevitabile, ma può essere rimandato se Israele saprà mantenere una sua superiorità militare sufficiente come deterrente. Come dicevano gli antichi romani “Si vis pacem, para bellum”.
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