Sul giornalino del mio kibbutz è stato pubblicato l’estratto di una lettera che Tal, una dei bambini nati e cresciuti in questa nostra atmosfera così calma e bucolica da essere il più delle volte completamente avulsa dalla realtà circostante. Tal si trova in questo momento ad Amsterdam dove lavora per mettere da parte dei soldi che le permetteranno di finanziare un lungo viaggio per esplorare qualche parte più o meno sconosciuta del globo. Un’attività molto comune fra i giovani israeliani che dopo aver terminato il servizio militare preferiscono prendersi una lunga pausa prima di riprendere lo schema così scontato e conosciuto di studi, lavoro, casa e famiglia. Ma diamole subito la parola.
Amsterdam, a metà giornata sono un pò giù di morale, le vendite non sono state un granchè. Improvvisamente si avvicina un giovane ragazzo, più o meno sui trent’anni direi. “Da dove vieni?” gli chiedo, dall’aspetto mi sembra israeliano.
Lo vedo sospettoso, preoccupato di svelarmi la sua origine “Te lo chiedo perchè sono molto curiosa, ci sono in giro così tanti turisti”, “Sono siriano” mi risponde.
Continuamo a parlare ancora un pò, lui prende un pò di sicurezza e comincia a raccontare: “Vengo da Homs” dice “la mia città è finita, completamente distrutta. L’Isis si è presa tutta la mia famiglia” ed entrambi cominciamo a lacrimare. “Senti” gli dico con un tono quasi di scusa, “voglio essere sincera con te, io sono israeliana”
A questo punto si gira verso di me per mostrarmi una cicatrice provocata dalle schegge di una bomba raccontandomi che è stato un medico israeliano a salvargli la vita.
Alla fine di questa nostra conversazione mi domanda se Amsterdam è un posto sicuro dove restare, e durante tutto questo tempo non fa che guardarsi continuamente in giro terrorizzato, come se ci fosse ancora qualcuno sulle sue orme. “Qui sei al sicuro” gli rispondo “ti trovi fra gente amica, calmati e abbi cura di te stesso”
Cose terribili avvengono nel mondo attorno a noi mentre noi ci demoralizziamo per una giornata di lavoro così e così, per i capelli in disordine, per quello che non ha letto il mio messaggio spedito via WhatsApp e non mi ha ancora risposto… Ci vorrebbe un maggiore senso della misura.
L’ha ribloggato su Scelti per voie ha commentato:
E già, maggiore umanità, e maggior senso della misura
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