Gioventù bruciata


coltelli

 

L’Intifada dei coltelli, denominata anche l’Intifada dei singoli ha creata una nuova situazione nella già complessa realtà israeliana dove dal momento in cui si nasce il tema della sicurezza, nazionale e personale, è perennemente all’ordine del giorno.

Sia l’esercito che i servizi di sicurezza non riescono ancora a fornire un’adeguata protezione ad un fenomeno ben lungi da esaurirsi e praticamente impossibile da prevedere coi tradizionali sistemi adottati sino ad oggi. Israele dispone di un ottima rete informativa all’interno della società palestinese, una parte delle informazioni viene fornita dall’Autorità Palestinese e quello che manca viene procurata dai servizi d’intelligence dell’esercito.

Tutto questo non può nulla contro un nugolo di ragazzini pronti a immolarsi in nome di una causa tanto illusoria quanto inutile. E’ possibile delineare un profilo di questa nuova gioventù palestinese così disperata e priva di sogni e progetti per il futuro? E possibile che il solo sbocco possibile per questi adolescenti sia il martirio e il sacrificio della propria vita? Qualcosa di molto profondo è cambiato nel secolare conflitto fra arabi e israeliani e se non riusciremo a comprenderne le cause il più presto possibile la situazione degenererà fino al punto di non ritorno.

In una serie di servizi trasmessi sulla rete privata israeliana channel 10 ha provato a individuare le cause del fenomeno per comprenderne la grandezza e la gravità. Le conclusioni non sono certo sorprendenti ma senz’altro preoccupanti.

La nuova generazione palestinese, a differenza dei loro genitori, non ha nessun contatto con gli israeliani. Non conosce l’ebraico e non ha mai lavorato in Israele. Gli unici punti di contatto sono i posti di blocco militari e i coloni. Visto che anche i coetanei israeliani non hanno contatti con la loro controparte il distacco non fa che allargarsi aumentando la diffidenza reciproca e l’odio.

La nuova generazione palestinese è così sfiduciata che ha praticamente perso ogni speranza nella creazione di uno stato palestinese indipendente. Questo dato dovrebbe suonare come un insopportabile campanello d’allarme alle orecchie di Nethanyau e del suo governo. Una situazione del genere porterà Israele a diventare uno stato binazionale con una maggioranza della popolazione palestinese entro breve tempo con le conseguenze che tutti possono immaginare.

Abu Mazen dal canto suo cerca di tenere il piede in due scarpe. Il Rais è consapevole di non godere di una grande popolarità all’interno del suo popolo e quindi non ha trovato di meglio che tollerare le incitazioni all’odio e agli attentati che circolano sia sui media tradizionali che sui social network da un lato, dall’altro continua a mantenere dei rapporti molto stretti con le forze di sicurezza israeliane per limitare il più possibile il fenomeno. Ma attenzione, i Tanzim, il braccio armato di al Fatah, fremono per poter entrare in azione, in tal caso la rivolta si trasfmormerebbe in una lotta armata senza quartiere visto l’enorme quantità di armi da fuoco in loro possesso.

In una situazione come quella attuale il Web si è rivelata in tutta la sua forza; i filmati e i post incitati all’odio ed al martirio agiscono da  impressionante catalizzatore. L’unica motivazione di queste decine di ragazzini votati ad una morte certa è quella di guadagnarsi quel famoso quarto d’ora di fama di Warhelliana memoria. A differenza di quanto si possa pensare una realtà del genere non sta passando in silenzio all’interno della società palestinese. Intellettuali, sociologi e padri di famiglia cominciano a denunciare questo stato di cose che trasforma ragazzini privi di un carattere ancora definito in inconsapevoli strumenti di guerra. Sarà un processo lento e complesso ma qualcosa sta cambiando.

In questo mare d’incertezza e di confusione il Capo di Stato Maggiore dell’esercito, il generale Gadi Einzenkot, è riuscito a dare un ritratto dei possibili attentatori. In verità è riuscito a dare una definizione di chi non è rimasto coinvolto in questo lungo rivolo di morti e di sangue. Su oltre 160 casi di accoltellamenti, investimenti ed altro solo uno degli attentatori  aveva un permesso di lavoro in Israele, tutti gli altri  a quanto pare avevano molto poco da perdere.

La conclusione del Generale è ovvia ma le decisioni sono in mano della leadership politica. Oltre ad un continuo controllo delle frontiere per impedire l’infiltrazione di forze ostili il governo deve aumentare i permessi di lavoro di almeno altre 10mila unità, e questo come primo passo su una strada lunga, impervia e quasi tutta in salita.

 

2 pensieri su “Gioventù bruciata

  1. Ho letto con interesse l’articolo ma vorrei avere dei chiarimenti. Quando si parla di palestinesi stiamo parlando di arabi-israeliani o dei palestinesi che vivono in Cisgiordania ed a Gaza? E quando si dice che “Israele…(potrebbe).. diventare uno stato binazionale con una maggioranza della popolazione palestinese” di quale Israele stiamo parlando? Del territorio definito dai confini fissati dall’ONU nel 1948 o al territorio che include la Cisgiordania e Gaza (cioè del Mandato Inglese di Palestina)?

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    • In questo caso mi riferisco ai palestinesi che vivono in Cisgiordania. quando parlo di uno stato binazionale mi riferisco agll’attuale territorio sotto il controllo israeliano compresa l’ANP, quindi dalle coste del mediterraneo al fiume Giordano.
      P.S. I territori del Mandato Britannico comprendevano anche l’attuale regno di Giordania. I territori fissati dagli accordi di Rodi del 1949 non comprendevano la striscia di Gaza che passò sotto il controllo egiziano.

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