Finlandia e grande fratello


יד השמונה

 

Come per ogni altro paese anche Israele ha i suoi posti sconosciuti non solo al turista medio ma anche alla maggior parte degli israeliani abituati al solito tran tran quotidiano. Tenendo conto che il paese è grande più o meno come la Lombardia è impressionante non solo la quantità di questi piccoli angoli nascosti qui e là, ma soprattutto le storie appassionanti e certe volte assurde che le accompagnano. Prendiamo per esempio il caso di Yad ha Shmona, il primo e unico kibbutz finlandese al mondo.

Come in molte altre storie anche qui abbiamo a che fare con la tenacia ed il carisma di un singolo, Seppo Raulo, che ha saputo coinvolgere un piccolo gruppo di persone motivate dai suoi stessi ideali, fondare un villaggio comunitario come simbolo di sostegno e perdono in nome delle colpe commesse dalla Finlandia verso il popolo ebraico durante il periodo nazista.

Yad ha Shmona in ebraico significa “il memoriale degli otto”, in ricordo di otto ebrei provenienti dall’Austria e che furono consegnati dalle autorità finlandesi alla Gestapo nel 1942. Di questi otto solo uno sopravvisse. Nonostante nè Seppo nè la sua famiglia fossero direttamente coinvolti nell’episodio la sua fede cristiana e l’amore per Israele lo spinsero a creare qualcosa di concreto per riparare le colpe commesse dal suo governo.

La storia di Yad ha Shmona comincia nel 1971 quando nonostante i numerosi ostacoli burocratici affrontati dai sette fondatori di questa piccola comunità, le autorità competenti concessero una collina pietrosa nei pressi di Abu Gosh, un villaggio arabo situato a pochi chilometri ad ovest di Gerusalemme. L’appezzamento venne concesso in via provvisoria fino alla costruzione di un’insediamento stabile e definitivo. Ma in Israele si sa, non c’è niente di più definitivo che il provvisorio.

Ci vollero altri tre anni fino a quando Sappo ed i suoi amici ricevettero il permesso di spostarsi verso l’agognato traguardo e ricevere fra l’altro le allacciature alla rete elettrica ed idrica di cui fino allora erano esclusi. Il rapporto fra Israele e queste comunità cristiano evangeliche è sempre stato controverso, le autorità religiose del paese vivono infatti con la costante paura di una possibile loro opera di proselitismo. Per contro quasi tutte le comunità religiose in questione si sono impegnate ad astenersi da simili attività mantenendo i patti. E’ il caso di Bet El, dei Bahim, dei nostri amici di Yad ha Shmona e di molti altri ancora.

In ogni caso gli inizi della nuova comunità furono estremamente duri, sia per un’ideologia estremamente monacale che per la mancanza di un’organizzazione che si prendesse cura di loro. Ma i Finlandesi non sono certo tipi da scoraggiarsi facilmente, basta avere un obiettivo chiaro da raggiungere, se l’obiettivo esiste ed è condiviso da tutti allora lo sforzo vale la candela.

Uno degli esempi portato dai fondatori per spiegare il modo con cui fu possibile  superare le difficoltà di allora è il paragone del concetto di vacanza fra israeliani e finlandesi. Il concetto di vacanza israeliano consiste nel godersi gli agi di un hotel a cinque stelle. I finlandesi invece si divertono a passare i fine settimana in una baita sperduta il più possibile lontana da ogni segno di civiltà, senza acqua luce e riscaldamento. Lo spasso consiste nel tagliare la legna e attingere l’acqua dal vicino ruscello, vivere insomma a stretto contatto con la natura senza violentarla.

I finlandesi amano costruirsi le case in legno, soprattutto se vivono circondati dalla natura, ma almeno nei primi tempi in Israele mancava la materia prima e i prezzi del materiale d’importazione erano proibitivi. Ma se ci si può accontentare di un diverso tipo di abitazione di quello a cui si è abituati non si può certo rinunciare ad uno dei capisaldi della cultura nordica: la sauna. “Un vero finlandese si costruisce la sauna ancora prima della casa” è il loro motto.

La voce dell’esistenza di un kibbutz finlandese nei pressi di Gerusalemme lo trasformò in un polo di attrazione per molti connazionali interessati a trascorrere un periodo più o meno lungo di volontariato. In mancanza di terreni agricoli a loro disposizione i membri di Yad ha Shmona indirizzarono  le loro capacità e la loro innata operosità verso due fonti di reddito, una falegnameria ed una foresteria.

Le continue difficoltà burocratiche, prima fra tutte la negazione di un permesso di residenza per i nuovi arrivati posero i finlandesi di fronte ad una crisi esistenziale, l’età media aumentava col tempo ed il kibbutz era destinato a scomparire. La svolta avvenne negli anni ’80 quando un gruppo di ebrei messianici si unì al nucleo originario allargando così le fila della comunità.

Non fu affatto semplice far convivere due culture così diverse. Da una parte i finlandesi, ligi al dovere ma estremamente rigidi e per niente elastici per quanto riguarda qualsiasi cosa al di fuori delle regole stabilite. Dall’altra parte il gruppo israeliano, rumoroso ed estroverso. Anche lo stile di vita pressochè monastico fu messo in discussione e lentamente vennero sciolti quei legami ideologici diventati ormai anacronistici.

Ma il vero grande trauma che gli abitanti di Yad ha Shmona dovettero affrontare arrivò da una direzione assolutamente inaspettata, la televisione. Nel 2008 cominciarono anche in Israele le trasmissioni del “Grande fratello”, che guarda caso si svolgevano in uno studio situato ad un paio di chilometri dalle case del kibbutz. Fu una vera e propria invasione di mass media, parenti e curiosi che cercavano in tutti i modi di mettersi in contatto con i “reclusi” del programma televisivo. Un autentico incubo per chi aveva come stile di vita la pace ed il silenzio della natura.

Attualmente Yad ha Shmona ha 120 residenti, bambini compresi. Cristiani ed ebrei messianici hanno trovato un buon equilibrio, ognuno esprime la propria fede senza disturbare quella dei vicini e non esistono ne chiese ne sinagoghe. Anche il primo e unico kibbutz finlandese del mondo ha dovuto sottostare alle dure leggi dell’economia globale ed è passato da un modello collettivo a quello privatizzato. Una delle vittime di questa trasformazione è stata la falegnameria, molto famosa per la qualità dei suoi prodotti. A sconfiggere questa piccola impresa artigianale ci ha pensato la multinazionale Ikea. Ma per i finlandesi oltre al danno si aggiunge la proverbiale beffa, visto che la storia fra i due paesi è piena di attriti dovuti ai sette secoli vissuti sotto la dominazione svedese.

All’interno di questa piccola comunità basata su valori come onestà, laboriosità, tenacia e perfezionismo esiste anche un villaggio biblico che riproduce la vita di un villaggio ebraico di duemila anni fa: la sinagoga, il frantoio, il torchio vinario, un mikve (il bagno rituale ebraico) ed una grotta funeraria. Ed è proprio il legame fra il passato ed il presente che ha reso possibile la realizzazione di questo sogno così apparentemente assurdo.

 

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