“E il Re Salomone diede alla regina di Saba tutto quel che essa bramò e chiese, oltre a quello che le dono con la sua munificenza sovrana. Poi ella si rimise in cammino e coi suoi servi se ne tornò al suo paese” (libro dei Re 1, cap. 10). A quanto pare Salomone fu veramente generoso durante la visita della regina che ricevette realmente tutto quel che “bramò” visto che secondo una leggenda etiope da quella visita nacque Menelik, futuro re del regno e primo degli imperatori etiopici. E come se non bastasse il suddetto Menelik riuscì anche a farsi dare dal padre l’arca del patto, tavole della legge incluse.Ma i legami fra etiopi ed ebraismo non finiscono qui, il leone di Giuda è parte della bandiera dell’Impero Etiope, e gli stessi ebrei etiopi (Beita Israel) si considerano parte della tribù di Giuda. anche la fede Rasta si collega direttamente a delle radici ebraiche.
Non è quindi per niente sorprendente la presenza di una piccola ma radicata comunità etiope cristiana all’interno della città santa di Gerusalemme, una comunità che vale la pena di scoprire per i piccoli gioielli che si nascondono dentro e fuori la città vecchia. Il primo si trova a ridosso del Santo Sepolcro, ed è la cappella delle quattro bestie, piccola ed umile ma molto suggestiva. Anche nel mondo cristiano esistono delle rigide gerarchie e degli interessi politici ed economici, fatto sta che i nostri amici etiopi non sono riusciti a farsi ammettere nel ristretto cerchio delle confessioni cristiane che hanno dei diritti all’interno del Santo Sepolcro e si sono dovuti accontentare di questo ripiego frutto fra l’altro di una lunga diatriba con la fede copta che si contende la paternità del luogo.
Va molto meglio nel principale polo della comunità etiope della città, via Etiopia per l’appunto, una traversa della trafficata via dei Profeti, letteralmente attaccata al quartiere ortodosso di Mea Sharim. La principale attrazione della via è senz’altro la chiesa, un’edificio rotondo costruito alla fine del diciannovesimo secolo. L’Etiopia, insieme alle principali potenze europee dell’epoca, seppe sfruttare la debolezza dell’Impero Ottomano per ottenere delle concessioni religiose e politiche, le cosidette “capitolazioni“. Per entrare all’interno è necessario togliersi le scarpe ed i settori di preghiera fra uomini e donne sono separati. L’interno è diviso in due settori, quello più interno, definito il Santa Sanctorum o prebisterio, è il luogo dove secondo la liturgia ortodossa l’accesso è consentito esclusivamente al sacerdote celebrante la messa.
Ma tutta la via è suggestiva e piena di piccoli angoli da scoprire, così vicina ma così lontana dal trambusto delle trafficate vie adiacenti si ha la possibilità, seppure per poco, di allontanarsi da una realtà non sempre facile e tranquilla come quella della capitale israeliana.
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