E’ pronto in tavola


 חדר אוכל

Colgo l’occasione della pubblicazione di un paio di articoli sul cibo servito nelle mense dei kibbutzim, Hadar Ochel in ebraico, per scendere da un discorso più generale nel particolare del mio kibbutz e delle prodezze culinarie di Cesare, il nostro Chef, che giorno dopo giorno combatte la sua guerra quotidiana contro uno degli stereotipi più duri a morire nell’immaginario collettivo israeliano: nei kibbutzim si mangia male. La lotta di Cesare è ancora più impari visto che i suoi clienti sono praticamente i padroni del locale e si sento dunque autorizzati a criticare a prescindere le sue prodezze culinarie. Per un kibbutz classico o comunitario come è rimasto il mio, il Hadar Ochel è uno dei  fulcri della vita sociale, e va frequentato in ogni caso, non importa se hai o no appettito, l’importante è potersi sedere con gli altri membri discorrendo del più e del meno e tenendosi così aggiornati su quello che succede all’interno di quello che rimane uno dei più affascinanti esperimenti sociali ancora in corso.

Come in ogni società consolidata anche Sasa ha le sue tradizioni ed i suoi codici, ognuno siede nel suo settore a tavolate più o meno fisse e frequenta di norma le stesse persone. Anche l’orario dei pasti ha un ruolo fondamentale, arrivare presto significa trovare tutto ancora in ordine e in gran quantità, ma c’è chi preferisce arrivare più tardi o non ha altra scelta a causa degli orari di lavoro, poi ci sono le scolaresche che arrivano intorno alle 14.00 piene di energia vitale ma ormai troppo casinare per chi è entrato nel club degli “anta”.

Nei kibbutzim che sono riusciti a salvaguardare la loro identità nonostante le varie difficoltà attraversate negli ultimi decenni la sala da pranzo continua ad esercitare il suo fascino: contadini pieni di fango siedono insieme ad impiegati, maestri, giardinieri, artigiani ed altro ancora. Il tempo ha un’altra dimensione e si può mangiare con una certa calma, qui gli orari non sono troppo assillanti e rimanere seduto qualche minuto in più non comporta nessuna tragedia.

C’è sempre qualcosa da raccontare o sulla quale scherzare, anche le storielle che hai già sentito innumerevoli volte mantengono sempre il loro fascino visto che le versioni cambiano continuamente. Ci sono esperti e tuttologi per ogni argomento, il refusnik russo che aveva predetto la caduta dell’impero sovietico cinque anni prima che accadesse, l’ex marine americano che ha combattuto nel sud est asiatico, l’archeologo, l’avvocato, la scultrice affermata, l’ideologo convinto, l’ex ragazzina che usciva e rientrava dal ghetto di Varsavia, un drammaturgo che nel tempo libero si occupa di formaggi e tanti altri, forse meno appariscenti ma non per questo meno intriganti.

Il Hadar Ochel non si occupa solo di fornire pasti ai suoi abitanti, ma diventa anche una sala di riunioni, un posto dove organizzare le feste, ospitare matrimoni, festeggiare la Pasqua ebraica o improvvisarsi all’occorrenza in un negozio di scarpe. La cosa basilare rimane sempre e comunque la qualità e la varietà del cibo, e visto che da noi non esiste una particolare etnia che domina sulle altre come la “cucina polacca” tristemente famosa nella maggior parte delle sale da pranzo, è oggettivamente difficile accontentare tutti.

Ma da noi non c’è di che temere, Cesare l’imperatore è assolutamente a suo agio fra i fornelli ed i tavoli dei suoi “clienti”, la cucina è di un ottimo livello supportata dagli articoli pubblicati ultimamente. Cesare è uno chef, ha studiato, sa il suo mestiere ed è riuscito a formare uno staff di collaboratori in grado di eseguire le sue ricette e la sua creatività. La sala da pranzo è il cuore pulsante di ogni kibbutz, vedendolo e gustandolo sai già se le arterie sono sane e scevre di colesterolo, per il momento la situazione è più che buona, ma come per ogni cosa la salute è prima di tutto il risultato di un attento lavoro di prevenzione e manutenzione.

Domani comincia una nuova settimana ed il nostro chef diplomato dovrà tornare ai suoi fornelli ed inventarsi qualcosa di nuovo per non cadere nel trabocchetto della monotonia. Ave Cesare, che la cucina ti sia amica e che Artusi e Vissani ti possano ispirare!!!

N.B. Non dimenticatevi di tornare all’ora solare…

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