Può l’amore di una madre verso il proprio figlio raggiungere un livello di dolore, disperazione e forse anche ossessione tali da abbattere i solidi muri di una morale ferrea e consolidata per inoltrarsi verso nuovi confini assolutamente sconosciuti dove il limite fra la gioia ed il dolore e così labile da confondersi continuamente? La storia di oggi è la storia di Rachel Cohen e di suo figlio Kevin, una storia dove il lieto fine non è per niente assicurato e per molti di noi lascerà il triste gusto dell’amaro in bocca.Agosto 2002, nel bel mezzo della seconda intifada il sergente Kevin Cohen viene ucciso da una fucilata nella zona di Gush Katif nel sud della striscia di Gaza. Fin qui una storia tragica e triste come quella di altri caduti, la vita stroncata di un giovane ventenne nel fiore della sua esistenza.
Le cose si complicano quando la madre, Rahel Cohen, esige di prelevare dalla salma del figlio delle porzioni di sperma da congelare per poter esser usate in seguito e garantirgli così una progenie. “Da sempre Kevin sognava di formare una famiglia il più grande possibile il più presto possibile” afferma la madre.
Ma un desiderio del genere non è cosa da poco: non esistono dei precedenti, non esiste nessuna dichiarazione scritta del defunto al riguardo ed anche le leggi dell’epoca non prevedono un caso simile. Esiste solo la disperazione di una madre e l’urgenza di eseguire il prelievo al più presto possibile. Nonostante i tentennamenti della macchina burocratica Rachel riesce ad ottenere il permesso e congelare il seme del figlio.
Rahel ha il piglio ed il carattere della combattente, Iraniana di nascita si è sposata a 14 anni partorendo Eran, il primogenito a 17 anni e Kevin a 19. Nell’87 Rahel decide di abbandonare l’Iran di Khommeini, l’atmosfera è diventata irrespirabile e persino i figli, indottrinati dall’ideologia e dal fanatismo, danno segni di essere troppo integrati nel sistema fino a diventare delle potenziali “spie” sul malcontento dei genitori verso il regime.
Passerà un anno prima che Rahel sia in grado di raccogliere le forze necessarie per mettere in atto la decisone presa dopo la morte del figlio. Il primo passo consiste nella pubblicazione di un annuncio sui giornali: “cercasi donna disposta a divenire la madre di un soldato morto tramite inseminazione artificiale”. Ad un annuncio così assurdo e per certi versi improbonibile risposero in duecento! Vi ricordo che la richiesta era per una madre vera, che si prendesse cura del bambino per sempre e non di un utero in affitto. La prescelta, la candidata numero venti, era Nirit, allora una donna di trent’anni.
Comincia così una nuova guerra in cui sono coivolti rabbini, deputati, avvocati, medici ed esperti di vario genere. Il caso del sergente Kevin Cohen non era assolutamente previsto da nessun ordinamento o legge. E’ soprattutto il motivo etico che appassiona nel bene e nel male chiunque venga coinvolto nel caso.
La battaglia legale andò avanti per quattro lunghi anni e solo nel 2007 cominciarono le operazioni di inseminazione artificiale. Le cure andarono in porto solo al nono tentativo dando inizio alla vita di una nuova bambina: Osher, in italiano Gioia. Ma anche Nirit, oggi quarantenne, non si vuole fermare qui e già ha intenzione di iniziare una nuova serie di cure per poter dare alla luce un fratellino o una sorellina a Gioia.
Fra pochi giorni uscirà su uno dei canali televisivi israeliani un documentario dal titolo “Qualcosa di mio” incentrato sulla storia e sui personaggi di questa impresa dove l’umano ed il divino quasi combaciano. “Se non fossi riuscita nel mio intento probabilmente adesso sarei già morta” afferma Rachel con convinzione. Non sono riuscito a trovare in rete una promo del documentario ma solo questa scena in cui la madre e la figlia annunciano a Yakov, il marito di Rachel, il sesso del nascituro. “Sono orgogliosa di me stessa” dice, “ma il dolore, quello non andrà mai via”.
La vita di Osher è iniziata da poco, ha appena dieci mesi, ma la sua esistenza si preannuncia faticosa e piena di sfide quasi impossibili. Nessuno può ancora dire adesso se l’amore incondizionato di nonna Rachel e di mamma Nirit saranno in grado di far fronte all’inevitabile prezzo da pagare.