Rosh ha Shanà, il capodanno ebraico, si sta avvicinando a grandi passi e con esso tutta una serie di feste che dureranno da fine settembre a metà ottobre dove si concluderanno con Succoth, la festa delle capanne. In mezzo a tutta questa serie di celebrazioni attende improrogabile il digiuno del Kippur, il giorno dell’espiazione, l’avvenimento religioso più importante nel calendario ebraico. Il kippur, una giornata di digiuno totale lunga 25 ore, è preceduto da un mese di preghiere speciali, le selichot, durante le quali gli ebrei chiedono perdono e indulgenza per tutte le cattive azioni commesse nel corso dell’anno in via di conclusione.Le selichot vengono recitate durante la notte, generalmente fra la mezzanotte e l’alba, e fino a qualche decennio fa non era raro vedere qualche membro del tempio del quartiere richiamare i fedeli alla preghiera notturna passando di porta in porta nel cuore della notte.
Come ogni cosa singolare ma genuina anche queste preghiere notturne sono diventate lentamente un’attrazione turistica, dove la fede corre parallela ai binari del folklore e dell’insaziabile curiosità umana, sempre in cerca di nuovi orizzonti. E così anche queste particolari preghiere notturne sono diventate un business dove guide turistiche percorrono i vicoli di Gerusalemme e di Zfat accompagnati da turisti in cerca non di qualche scintilla di fede nel buio dell’alieno mondo materiale, ma dello scatto giusto per immortalare l’immagine da postare immediatamente su Facebook.
Nonostante la fede in un unico Dio, una delle prerogative salienti dell’ebraismo è quella di essere catalogata in due grandi gruppi etnici: Sefarditi e Askenaziti. Le differenze sono prevalentemente di tipo liturgico e geografico: i Sefarditi sono originari della penisola Iberica e di tutto il bacino medio orientale, mentre gli Askenaziti provengono dall’Europa centro orientale (Germania, Polonia, Russia, Carpazi ecc.).
Anche nel rito delle selichot Sefarditi e Askenaziti sono divisi sia nella liturgia che nel numero dei giorni da dedicare alla richiesta del tanto agognato perdono. Gli Askenaziti, più pratici o forse semplicemente più paraculi, come direbbero i miei amici romani, si accontentano di cominciare le preghiere pochi giorni prima di Rosh ha shanà, praticamente la metà dei giorni previsti dal rito Sefardita.
Una delle preghiere più conosciute da recitare si chiama Adon ha Selichot il Signore del perdono, una litania che seguendo l’ordine alfabetico esalta il nome di Dio e descrive lettera per lettera le sue innumerevoli qualità. Il ritornello recita “abbiamo peccato nei tuoi confronti, abbi pieta di noi”. La melodia in questione in versione sefardita, è un pò techno, segno che anche l’ambiente religioso riesce a togliersi di volta in volta un pò di polvere dalle tradizioni.
Personalmente il periodo del perdono è per me abbastanza intenso, è il momento della raccolta delle mele, e non mi rimane molto tempo per tracciare la somma delle mie azioni dell’anno appena trascorso, non mi resta che affidarmi a Facebook dove in questo momento sta girando un post divertente sull’argomento:
“A tutti quelli a cui ho fatto un torto, offeso, insultato, dispiaciuto.
Riflettete attentamente per quale motivo l’ho fatto.
Non è ancora troppo tardi per chiedere perdono”
E voi?
Beh, a parte il mezzo, “Riflettete attentamente per quale motivo l’ho fatto” mi pare un po’ pretenzioso… 😉
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