Come la fata morgana del deserto, come l’isola non trovata di Guccini anche una possibile tregua fra Hamas e Israele si sta rivelando per il momento una pia illusione anche, ma la realtà politica, più forte di qualsiasi roboante dichiarazione, cambierà per forza di cose questa insopportabile situazione di stallo e le parti belligeranti stanno già preparando i loro bilanci post bellici per domostrare di averci guadagnato tanto e perso poco.Cercando di mettere un pò di ordine nella caotica cronaca delle ultime 24 ore la sintesi sostanzialmente è la seguente. I primi a intraprendere dei contatti separati fra Israele e Hamas sono stati la Turchia e il Qatar. La prima è considerata una valida interlocutrice dai palestinesi e il secondo sarebbe lo sponsor pronto a elargire i fondi necessari. In parallelo il presidente egiziano a Sissi, desideroso di posizionarsi come uno dei maggiori leader del mondo arabo e della regione intraprende un’altra iniziativa sotto il patrocinio americano.
Le versioni sono discordi riguardo alla proposta egiziana, c’è chi parla di una proposta preventivamente accettata da entrambe le parti e c’è chi sostiene che a Sissi non si sia consultato fino in fondo con la leadership di Hamas ponendola davanti al fatto compiuto. Fatto sta che mentre il governo israeliano, nonostante una grossa spaccatura interna, accetta la proposta del cessate il fuoco in maniera unilaterale spiazzando completamente l’ala più intransigente del movimento fondamentalista.
La mattinata di oggi e stata alla pari del teatro dell’assurdo di Ionesco, le interviste e le dichiarazioni delle varie personalità politiche israeliane venivano continuamente interrotte dalla voce dello speaker che annunciava di volta in volta l’allarme rosso in una diversa parte del paese. E ancora una volta il povero Nathanyau nonostante i suoi sforzi sovrumani di evitare un’ulteriore escalation si è ritrovato letteralmente obbligato a riprendere le ostilità. Nel frattempo queste sue posizioni attendiste non fanno che aumentare le critiche dell’ala destra della sua coalizione compresi ministri del suo stesso partito.
All’interno dei palestinesi la spaccatura è ancora più evidente, nonostante le promesse di ieri sera il repentino dietro front di stamane suona come un sonoro ceffone all’indirizzo di a Sissi e della lega araba che si erano dichiarati favorevoli all’iniziativa egiziana. Hamas pagherà prima o poi uno sgarro del genere ed il conto sarà molto salato. Già così gli egiziani hanno il dente avvelenato nei loro confronti, merito soprattutto di un’operazione militar terroristica nella quale vennero trucidati numerosi soldati egiziani in servizio nella penisola del Sinai. Per non parlare dei razzi sparati ieri verso il territorio egiziano.
Le trattative non sono ancora iniziate ne si vedono all’orizzonte ma i punti all’ordine del giorno sono numerosi e a prima vista incolmabili. Mentre Israele parla del ritorno agli accordi stipulati nel 2002 dopo l’operazione “Colonna di funo” e di “silenzio in cambio di silenzio” i palestinesi avanzano delle richieste difficilmente accettabili. Si va dal rilascio degli attivisti di Hamas imprigionati durante le ricerche dei tre ragazzi rapiti e assassinati il mese scorso per passare alla riapertura del valico di Rafiah (gestito dagli egiziani), la fine delle eliminazioni mirate e altre facilitazioni sulle merci attualmente sotto embargo. Ma la cosa più importante di tutte e lo sdoganamento dei finanziamenti atti a pagare gli stipendi del personale amministrativo di Gaza, finanziamenti bloccati a suo tempo da Abu Mazen.
Ricapitolando, Hamas considera disprezzamente Abu Mazen come un collaborazionista, Abu Mazen aspetta il momento della resa dei conti dopo il colpo di stato di otto anni fa durante il quale decine di attivisti di Al Fatah vennero fatti fuori o a colpi di mitra o defenestrati dai piani alti dei palazzi. A Sissi ha iniziato una campagna mediatica contro il movimento islamista che ricorda vagamente i proclami di Goebels, ma proprio per questo bisogna aver più timore del normale, messi alle strette Hania e compagni non avrebbero altra scelta che inasprire i combattimenti cercando una volta di più di apparire come agnelli sacrificali agli occhi dell’opinione pubblica occidentale.