L’ebraismo e’ una strada a doppio senso. Un senso di marcia porta verso il rispetto totale di tutti i 613 precetti della religione e quindi uno stile di vita determinato, codificato e se non immutabile perlomeno molto rigido. La direzione contraria porta ad un distacco totale dalla religione, ma non necessariamente dall’identita’ ebraica. Fra questi due estremi vi sono tutta una serie di “stazioni di servizio” dove ognuno puo’ fermarsi, fare il pieno del suo personale ebraismo e riposarsi e ristorarsi prima di decidere di riprendere il viaggio, non importa in quale direzione.Ed e’ proprio la direzione da prendere l’oggetto di sempiterne discussioni all’interno dell’ebraismo. La parola chiave in questa infinita diatriba e’ la “Teshuva’” da molti erronaemente intesa come risposta, mentre il termine esatto e’ “ritorno” e piu’ precisamente il ritorno alle origini spirituali della religione.
Anche se questo ritorno spirituale e’ dovere di ogni ebreo, anche di quelli osservanti, col tempo il termine e’ diventato sinonimo di tutti coloro che passando da uno stato di laicismo piu’ o meno accentuato ritornano sotto le ali protettive della religione. Questo fenomeno, la “hazara’ beteshuva’” e’ molto comune nel mondo ebraico fino al punto che esistono innumerevoli centri che incoraggiano il “ritorno” e le strutture religiose sono molte ben organizzate per accogliere tutti coloro desiderosi di tornare all’ovile.
La direzione opposta, di quelli che abbandonano le ali protettive della religione per affrontare i piaceri e le tentazioni del mondo esterno, e’ per molti versi piu’ complicata e ricca di pericoli. La ragione principale della difficolta’ di invertire il senso di marcia e’ insita nel fatto che una decisione del genere e’ chiaramente molto personale e per molti versi significa tagliare definitivamente i ponti con il mondo nel quale eri vissuto fino ad oggi compresi i familiari piu’ stretti.
Il mondo moderno, cosi differente dalla realta’ precedente, non ha sempre il tempo o la voglia di occuparsi di questi “profughi” trasportati di punto in bianco in una realta’ diametralmente opposta a quella a cui erano abituati. Le cose che per tutti sembrano cosi banali e scontate diventano degli ostacoli quasi insormontabili: aprire un conto in banca, affittare un appartamento, iscriversi ad una mutua, saper gestire correttamente le proprie entrate per non arrivare alla fine del mese in rosso, per non parlare delle nuove regole comportamentali nei rapporti uomo-donna..
Oltre a queste difficolta di inserimento basilari esiste un altro grosso problema: l’educazione. E’ fuor di dubbio che per poter inserirsi nel mondo del lavoro in una societa’ moderna e dinamica come quella israeliana sia necessario essere in possesso di una laurea o almeno della maturita’. Gli studi nelle yeshivot, le scuole rabbiniche, per quanto approfonditi siano nel campo religioso non tengono in nessuna considerazione le materie normali. La matematica arriva al livello di quinta elementare, per non parlare dell’inglese, storia, biologia e materie scientifiche in genere.
Ma in ogni caso le difficolta’ maggiori sono la solitudine e il rimorso per le sofferenze provocate ai propri genitori. Fortunatamente, per sopperire alla mancanza di strutture governative, sono nate diverse organizzazioni volontarie, fondate da ex religiosi che hanno dovuto affrontare tutte queste difficolta’ da soli. E’ molto difficile calcolare esattamente quanto grande sia questo fenomeno di abbandono della religione, l’ebraismo ortodosso nonostante sia molto variegato, sa ancora serrare le file ogni volta che si sente minacciato e le informazioni al riguardo sono praticamente inesistenti.
La sensazione e’ che il fenomeno sia molto piu’ ampio di quanto sia dato pensare, anche perche’ negli ultimi anni e’ nata un nuova realta’: ortodossi che continuano a mostrarsi tali ma che si trasformano completamente una volta fuori dal recinto, per poi ritornare tranquillamente al loro ruolo di osservanti pii e devoti, una specie di marranesimo all’incontrario. Il ritorno alla religione o il distacco da essa dovrebbe essere una scelta personale, visto che influisce enormemente sullo stile di vita e sui comportamenti, ma ogni tanto su questa strada a doppio senso ho l’impressione che le leggi del traffico non sempre siano uguali per tutti.