E’ stato in assoluto il trauma piu’ grande vissuto da Israele in tutta la sua giovane storia. Soltanto sei anni dopo la trionfale vittoria del ’67, la guerra del kippur cogliera’ completamente di sorpresa sia l’esercito che la classe politica israeliana e rimescolera’ drammaticamente le carte in tavola del complesso gioco di equilibri mediorientale.
A monte dello scoppio delle ostilita’ vi fu l’incapacita’ della classe politica israeliana di saper interpretare correttamente le esplicite dichiarazioni da parte di Sadat di intraprendere una nuova guerra con Israele nel caso non si arrivasse ad una situazione diplomatica che comprendesse la restituzione della penisola del Sinai. Ancora ebbri della fulminante vittoria nella guerra dei sei giorni sia la leadership politica che quella militare giudicavano praticamente impossibile l’avvicinarsi di un nuovo conflitto. La base principale di tanta sicumera era dovuta principalmente al “concetto”, un’errata analisi della situazione politico-militare della regione che escludeva in maniera categorica l’eventualita’ di un conflitto bellico per almeno un anno.
Il punto debole del “concetto” consisteva nella mancanza di informazioni adeguate riguardo ai nuovi sistemi di missili anti aerei Sam 7 in possesso di Egitto e Siria, armamenti che annullavano completamente la superiorita’ aerea dell’aviazione israeliana. Un altro fatale errore di valutazioni dei servizi di informazione dell’esercito fu quello di ostinarsi ad interpretare il massiccio ammassamento di truppe alla frontiera fra Egitto e Israele come una regolare esercitazione svolta dagli egiziano con cadenza semestrale.
Al di la della sorpresa quasi totale, la situazione politica era tale che la possibilita’ di un attacco preventivo da parte israeliana non era da prendere in considerazione. Una simile mossa avrebbe trasformato lo stato ebraico in paese aggressore con risultati nefasti soprattutto nei rapporti fra USA e Israele. Al di la dello shock, la sorpresa, le ingenti perdite umane e le lotte intestine sia fra i politici che fra i militari, la guerra del kippur segno’ l’inizio di una nuova era: il declino del Mapai, il partito laburista ininterrottamente al potere dal ’48, era ormai segnato e raggiunse il culmine nel ’77 con l’avvento delle destre alla guida del paese.
Ma altri cambiamenti, non meno significativi, erano gia’ alle porte: il movimento Gush Emunim comincio’ a costruire i primi insediamenti nel ’75, il fenomeno del ritorno alla religione comincio’ ad assumere proporzioni ben piu’ grandi di prima della guerra e la societa’ israeliana si avvicinava a passi da gigante ad uno scontro ideologico denso di tensione e violenza fra falchi e colombe.
Ancora oggi, a quarant’anni di distanza le polemiche sulle responsabilita’ della guerra continuano instancabilmente, in particolar modo quando di volta in volta gli archivi dello Stato pubblicano nuovi stralci di conservazioni o documenti all’epoca classificati “top secret”, materiali che confermano una volta di piu’ quanto fossero grandi la sorpresa, l’impreparazione e la sensazione di un pericolo esistenziale in grado di minacciare l’esistenza stessa del paese. Cio’ che e’ certo che la superbia israeliana pago’ un caro prezzo per una serie di errori militari e politici, ma soprattutto perche’ incapace di riconoscere i nuovi equilibri di forza creatisi nell’intervallo fra le due guerre.
Nonostante siano gia’ passati quarant’anni dallo scoppio della guerra, Israele non e’ ancora in grado di metabolizzarne le conseguenze, e probabilmente non lo sara’ mai.
Ottima analisi. Ma per quanto riguarda il fatto che Una simile mossa avrebbe trasformato lo stato ebraico in paese aggressore con risultati nefasti, se la preoccupazione era questa, l’astenersi dall’attaccare non è che sia servito a molto: se è vero che per la guerra dei Sei giorni continuiamo a sentir dire che “Israele ha sparato il primo colpo, quindi Israele è chiaramente responsabile della guerra”, per quella del Kippur più di una volta mi è capitato di leggere che “Non conta chi ha sparato il primo colpo: moralmente e politicamente responsabile della guerra è chiaramente Israele”. E’ inutile dannarsi l’anima: situazioni in cui Israele possa essere innocente, semplicemente non esistono.
Gmar chatima tova.
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Barbara, l’attacco preventivo non venne preso in considerazione perche’ era chiaro che in quel caso Israele non avrebbe avuto gli aiuti americani di armamenti, munizioni e quant’altro. Aiuti che fecero pendere in modo decisivo il piatto della bilancia a favore d’Israele. Riguardo alle responsabilita’ morali e politiche sulla guerra del kippur penso che il discorso sia molto piu’ complesso.
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Sì, lo so che l’attacco preventivo non è stato neppure preso in considerazione perché non erano in grado di attuarlo e soprattutto perché l’attacco nemico non era previsto – non così a breve termine, per lo meno. E che, oltretutto, l’America non è poi quel cane da guardia costantemente pronto a correre in difesa di Israele che la vulgata ci propaganda. Quello che volevo dire è che per chi è abituato ad attribuire a Israele la responsabilità di qualunque cosa, dalla morte di Arrigoni agli scontri in Egitto all’uragano Katrina, il fatto che Israele attacchi per prima o risponda agli attacchi altrui è del tutto indifferente: Israele è colpevole a prescindere.
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