La linea rossa


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Poco importa se a usare le armi chimiche in Siria siano state le forze fedeli ad Assad o i ribelli. Il numero impressionante delle vittime, l’uso indiscriminato di quest’arma cosi letale e disumana e l’impotenza del mondo occidentale e di quello arabo sono i segnali piu’ preoccupanti di come le regole del gioco sia etiche che morali siano totalmente cambiate. La linea rossa, quel limite invalicabile oltre il quale Obama, esattamente un anno fa, aveva annunciato l’intervento delle forze occidentali nello scacchiere siriano si e’ spostata ulteriormente, e l’uso di armi chimiche nei confronti della popolazione civile non e’ piu’ un tabu’. La ritrosia di Obama ad impantanarsi in una nuova avventura militare e’ piu’ che giustificata ed ha anche delle buone motivazioni, ma le contraddizioni in cui e’ caduto piu’ di una volta su gli ultimi avvenimenti accaduti in Siria ed in Egitto la dice lunga sulle reali capacita’ della sua amministrazione di interpretare correttamente la realta’ medio orientale. La realta’ e’ che gli Stati Uniti, per forza o per necessita’, non vogliono o non sono piu’ in grado di continuare a giocare il ruolo di sceriffo planetario e di risolvere tutti i conflitti del globo. La guerra in Iraq prima e quella in Afganistan ancora in corso non hanno fatto che ledere la credibilita’ internazionale del paese e diminuire notevolmente la sua forza deterrente. Gli USA continuano ad essere la piu’ grande superpotenza a livello mondiale, ma la recessione economica ed i costi stratosferici delle operazioni militari cominciano a pesare piu’ del dovuto sulle finanze statali. Nel medio termine lo scacchiere del vicino oriente perdera’ sempre piu’ importanza agli occhi degli americani: si calcola che entro cinque anni gli Stati Uniti raggiungeranno l’indipendenza energetica e non dipenderanno piu’ dal petrolio dei paesi arabi, un dato che deve far pensare Israele e portarla ad agire verso degli accordi stabili e duraturi con le forze moderate della regione. Attualmente il mondo arabo e’ entrato in un vortice estremamente violento che di fatto e’ diventato una guerra religiosa fra sunniti e sciiti, due fazioni che sono da sempre in aperto contrasto. In queste occasioni Israele non ha altra scelta che stare a guardare, e Nathaniau per il momento e’ riuscito a mettere in riga i suoi ministri affinche’ non se ne escano con dichiarazioni militanti e controproducenti. Ma nonostante che i paesi limitrofi non siano proprio dei gran simpaticoni e paradossalmente siamo arrivati al punto di rimpiangere i bei regimi dittatoriali di una volta, Israele non ha molta scelta se non quella di imboccare la strada di un compromesso territoriale coi palestinesi sotto l’egida statunitense. E’ una priorita’ strategica di importanza assoluta.

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