Il sorpasso


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Dal momento della sua nascita Israele ha dovuto affrontare oltre ai ben noti problemi legati alla sua sicurezza una serie non indifferenti di tensioni sociali che si trascinano sino al giorno d’oggi. Religiosi e laici, ebrei ed arabi, sefarditi ed askenaziti sono solo alcuni fra gli esempi piu’ lampanti di quanto la societa’ israeliana sia sfaccetta, complessa, dinamica, coivolgente e forse proprio per questo enormemente interessante e adirittura affascinante. Nel corso dei decenni tutte le ricerche e gli studi svolti non fanno che confermare che esiste un divario chiaro e costante fra le condizioni socioeconomiche di sefarditi ed askenaziti a favore di quest’ultimi, tutto cio’ a dispetto di una realta’ in apparenza molto piu’ omogenea e multi culturale. Eppure alcuni fenomeni di costume fanno pensare che le cose stiano cambiando e fenomeni culturali che una volta erano relegati ai margini del consenso nazionale siano oggi la norma se non la strada maestra dell’israelianita’. La musica e’ un ottimo esempio per capire i cambiamenti e le evoluzioni svoltesi nel corso dei decenni. La provenienza dei primi pionieri giunti in Erez Israel agli inizi del novecento non lascia adito a dubbi, la stragrande maggioranza delle canzoni dell’epoca comprese quelle che si cantano ancora oggi nei campeggi dei movimenti giovanili sono tutte o direttamente scopiazzate o perlomeno fortemente influenzate dalla cultura russa dei primi venuti. Nel corso dei decenni la musica israeliana ha continuato ad essere influenzata da modelli per lo piu’ europei come i chanssonier francesi, Brasseins e Brel da una parte ed il festival di San Remo, molto popolare in Israele negli anni settanta, dall’altra. Parallelamente alla musica leggera israeliana ha cominciato a svilupparsi un altro tipo di musica frutto della cultura araba e del bacino mediterraneo e definibile pertanto come musica mediterranea o mizrahit (orientale). Questo tipo di musica e’ stata considerate per decenni il frutto di una sotto cultura retrogada e comunque inferiore dal punto di vista qualitativo alle canzoni “classiche” della musica leggera israeliana e per diverso tempo e’ stata boicottata piu’ o meno palesemente dalle radio a diffusione nazionale. L’unico mezzo che ha consentito ai vari cantanti di questo genere di raggiungere il vasto pubblico era la vendita di audiocassette a prezzi molto popolari, e chi ha avuto la possibilita’ di girovagare per la vecchia stazione degli autobus di Tel Aviv durante il periodo in questione non puo’ non ricordarsi la colonna sonora che ci accompagnava in ogni angolo di quell’impressionante caravanserraglio. La maggiore presa di coscienza di questa importante fetta della societa’ israeliana sviluppatasi soprattutto dopo il successo elettorale del likud nel ’77 ha fatto si che il consenso nei riguardi della musica mediterranea si allargasse fino a diventare un fenomeno di costume. Non c’e’ matrimonio o Bar/Bat Mizva’ dove la musica in questione non faccia la parte del leone, e dove rispettabili signore di ogni ceto sociale e appartenenza etnica non si sentano in dovere di agitare il proprio didietro pur di sentirsi parte integrante di questo piccolo fenomeno che sia per il tempo di pochi minuti riesce a coinvolgere persone e mentalita’ cosi differenti. Se la musica in questione ha un suo certo fascino ed e’ riuscita a conquistare il grande pubblico bisogna ammettere che i testi sono ancora scarsi, al pari delle sceneggiate napoletane anche qui l’amore ingrato e non ricambiato e’ l’elemento costante delle canzoni e non importa se la melodia sia ritmata e allegra o lenta e depressa. La canzone mediterranea ha gia’ da molti anni sorpassato la musica convenzionale sia come giro d’affari che come quantita’ di cantanti, e il segno piu’ chiaro del suo successo e’ stata la conquista dell’ultimo caposaldo che piu’ di ogni altro rappresentava la superiorita’ della canzone di qualita’ rispetto a quella mediterranea: l’anfiteatro romano di Cesarea. Da che mondo e’ mondo Cesarea e’ stata per ogni artista che si rispetti il traguardo da raggiungere, il clou della carriera, e per molti anni questo fortino e’ stato precluso soprattutto perche’ i cantanti “orientali” avevano poca fiducia nei loro mezzi. Ormai riempire Cesarea e’ un fatto quotidiano che piu’ di ogni altra cosa testimonia la popolarita’ di questo tipo di canzone. Nel corso del suo sviluppo la canzone mediterranea si e’ lasciata per strada non poche vittime: il salto repentino da una vita modesta e semplice ad un mondo di luci, successo fans e soprattutto molto denaro ha fatto sprondare molti cantanti nella piu’ profonda depressione, nel tunnel della droga e nei casi piu’ estremi al suicidio. Ormai la musica mediterranea e’ diventata un business come tanti altri ed e’ scomparso quel sentimento di rivalsa che l’ha caratterizzata per cosi tanto tempo’ peccato,  ma i tempi stanno cambiando cantava Bob Dylan e forse la prossima rivoluzione musicale in Israele la faranno le canzoni di Battisti, sempre che ci sia qualcuno in grado di tradurle a dovere.

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